venerdì 2 novembre 2007

Rom e Sinti lavorano per Roma

Rom e Sinti lavorano per Roma

Mercatini domenicali, raccolta di materiale ferroso e oggetti ingombranti, una cooperativa che produce abiti secondo l'antica arte sartoriale: crescono le esperienze di collaborazione fra le istituzioni comunali e l'Opera nomadi puntando sulle naturali predisposizioni e le conoscenze secolari tramandate dai capi clan. Rom e Sinti possono rivelarsi per Roma un'importante risorsa finora ignorata.

Hanno viaggiato moltissimo e macinato milioni di chilometri nella loro storia millenaria, elaborato una musica scoppiettante e coinvolgente e fatto spettacoli itineranti. Sono stati gli uomini che portavano le giostre nelle feste di paese, hanno allevato cavalli e costruito splendidi oggetti in rame, oltre ad aver colorato i mercati di mezza Europa con le loro chincaglierie. Ma oggi le comunità Rom e Silti vorrebbero stabilirsi, piantare le tende, possibilmente evitando di continuare ad abitare in campi nomadi più o meno attrezzati.
Sognano infatti una casa fatta di mattoni e un lavoro come si deve, nonostante l'ostracismo e la diffidenza di molti. Partita un millennio orsono dal nord est dell'India, questa stirpe di viaggiatori si è poi spinta fino all'Asia minore, al nord Africa e all'Europa. In Romania, dove la comunità Rom conta 3 milioni di abitanti, ha dato vita a piccoli villaggi ormai leggendari, con costruzioni dalle forme più strane e ben al di là del kitch.
Il mito del loro nomadismo innato è, appunto, solo un mito. In realtà, è stata una condizione indotta da diversi fattori: le loro tradizioni di lavoratori itineranti ne hanno esaltato la capacità di spostarsi senza problemi, facendoli arrivare nelle fiere di tutto il vecchio continente come abili allevatori e mercanti di cavalli, legando il loro nome alle manifestazioni di musica gitana (la più famosa ancora oggi si svolge ogni anno nella Bretagna francese) e agli spettacoli di strada. Come abili artigiani del rame e infaticabili riciclatori di materiali e oggetti di ogni tipo hanno animato i mercati cittadini e con il loro clan si sono spostati ogni volta che le circostanze lo imponevano.
E molto spesso il motivo per cui abbandonavano un luogo per quello successivo era la diffidenza delle comunità locali dove erano approdati, che qualche volta si trasformava in violenza e sgomberi forzati, con il risultato di un'integrazione impossibile anche quando l'avrebbero desiderata.
A Roma, secondo l'ultimo censimento del 2001, si contano circa 6.500 tra Rom e Sinti, almeno quelli che abitano i 25 campi, più o meno attrezzati, dislocati nella parte sud orientale del territorio, specialmente nei municipi V, VII e VIII. La cifra tuttavia dovrebbe essere corretta al rialzo (si parla di 10.000 presenze) se si considerano coloro che vivono in abitazioni o che hanno ottenuto la cittadinanza italiana, oltre ai numerosi Rom rumeni, entrati in Italia con visti turistici e che poi diventano invisibili, sistemandosi in alloggi di fortuna nei parchi, sotto i cavalcavia, in fabbriche dismesse.
Il Comune ha predisposto un piano triennale per le comunità Rom e Sinti della città, promuovendo una serie di interventi per migliorare le loro condizioni e avviarli a lavoro. L'ultimo deciso in ordine di tempo riguarda la prossima apertura di uno sportello presso il Col di via della Seta dedicato all'orientamento e l'avvio al lavoro dei membri delle comunità Rom e Sinti.
Ma negli ultimi anni sono state numerose le esperienze di collaborazione tra le istituzioni comunali e l'Opera nomadi, presente in città dal 1964. Si è dimostrato che, puntando sulle naturali predisposizioni e le conoscenze secolari tramandate dai capi clan, i Rom e i Sinti possono rivelarsi come una risorsa finora ignorata. Abili commercianti, riciclatori infaticabili e rigattieri di lungo corso, alcuni anni fa l'Opera nomadi ha aiutato le comunità a ottenere una delibera comunale per allestire i due mercatini domenicali di via Collatina nel VII Municipio (recuperando il parcheggio in disuso di fronte all'ipermercato Auchan) e del lungotevere Dante, nell'XI Municipio.
Non solo: a breve, nei Municipi IV, V e VIII sarà replicato il progetto "Rom per Roma", sperimentato con successo, per un anno, nel XII. Con la collaborazione di Comune, Provincia di Roma, Cooperativa Praliphè, Caritas, Legambiente e Centro Ecologico Umano, 8 operai Rom saranno impiegati nella raccolta di materiale ferroso e oggetti ingombranti. Con dei furgoni dell'Ama, e su segnalazione di questa o dei cittadini, ripuliranno i municipi dalle discariche abusive e dei rifiuti ferrosi ingombranti, portandoli nelle isole ecologiche predisposte.
Ma non è finita. Sempre nel segno del recupero delle tradizioni, l'Opera nomadi vuole promuovere la nascita di una cooperativa che produca abiti secondo l'antica arte sartoriale tramandata all'interno delle comunità, mentre due loro realizzazioni hanno sfilato durante l'ultima edizione di "AltaRoma", la manifestazione dell'alta moda cittadina.
Un mondo nascosto e ancora ampiamente inesplorato, quello delle comunità Rom e Sinti, che merita di essere scoperto con disincanto e lasciando da parte i vecchi pregiudizi.
E se è vero che non fanno concessioni sui rituali matrimoniali, colorati e affollatissimi, tramandati da generazioni sempre uguali, le comunità sono state sempre aperte alle contaminazioni linguistiche e musicali.
Alcuni addirittura sostengono che talvolta siano rimasti gli ultimi depositari di canti popolari ormai dimenticati, avendo mescolato termini di tante lingue in una sola - dal sanscrito alle lingue slave fino al napoletano - e possano a ragione definirsi cittadini del mondo.

Pasquale Colizzi

http://www.romalavoro.net/news/grandi_iniziative/12_04_rom.asp

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1 commento:

Maria ha detto...

Invece di pensare ai cittadini questi pensano solo a chi ci invade: buonismo peloso di chi "non è mai stato comunista"