domenica 28 dicembre 2008

L'OMELIA DEL PRETE CHE NON HA POSTO IL BAMBINELLO NELLA MANGIATOIA (click)


L'omelia della Notte Santa
nella Parocchia di Santa Lucia
È la Notte Santa: abbiamo invocato, pregato, detto molte parole in questa Veglia. Parole che si riassumono nell’Unica Parola che ci viene consegnata dentro questa Notte: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» è quanto Giovanni racconta nel suo prologo. È una Parola molto attuale: è Cristo che si consegna, è Lui la Parola, ma nello stesso tempo consegna le sue parole, il suo Vangelo. È una Parola che continua a chiamare – non a partire da principi astratti o regole religiose a cui attenersi in modo formale – perché la Parola si fa Carne, nella carne di un Bambino. È un annuncio di gioia e di speranza che cambia radicalmente il nostro modo di porci davanti a Dio: non siamo noi a cercare Lui, ma è Lui che ci viene incontro, si fa uno di noi, si fa riconoscere dentro un corpo come il nostro. Ciascuno di noi viene da natali diversi: i natali della nostra infanzia non sono uguali a questo che stiamo celebrando. Forse per le giovani generazioni non è avvertita questa distanza temporale tra il passato e il presente; per noi di una certa età, che ci trovavamo dentro quell’unica stanza attorno alla lunga tavolata con tutta la famiglia al completo, a sospendere per un giorno i panni della ferialità povera per indossare l’abito della festa, era più facile comprendere che nulla poteva essere sprecato, ma ogni cosa riutilizzata e condivisa. Ma non vorrei questa sera aggiungermi ai molti che fanno prediche moraleggianti sul natale consumistico: sapete già da voi, e se siete qui questa sera è perché una scelta l’avete fatta, quella di sostare almeno per un attimo, lontano dalle luci colorate della città, per inginocchiarsi davanti al Bambino. Solo voi, solo ciascuno di voi, può sapere che tipo di risposta ha dato per questo Natale: se una risposta più o meno entusiasta rispetto ad ieri, se più o meno gioiosa, se più o meno accogliente. Certo, forse per qualcuno sarà un Natale con un vuoto in più, perché il marito, la moglie o il figlio se ne è appena andato, lasciandoci soli, avvertendo di più, in queste giornate di festa per gli altri, il vuoto che rimane tutto per noi e le ferite che fanno fatica a rimarginarsi. Una solitudine che è presa su di sé da questo Dio-Bambino che scegliendo di farsi carne prende su di sé tutta la nostra vita, tutti gli attimi della nostra esistenza: è un Dio che non rimane per sempre bambino, e, crescendo, da uomo affronta come noi, la sofferenza, il dolore e la morte. Non fugge di fronte all’abisso del vuoto e della solitudine, delle relazioni lacerate, delle morti quotidiane che ogni giorno sperimentiamo. Egli è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, e attraversa con noi da pellegrino, da ospite e da straniero, le vicende quotidiane di questa terra, per aprirci al dono della vita eterna. Una vita eterna che è un ritorno a Casa: quel Bambino ci consegna la strada per non perdere la meta, ci offre la possibilità di rimetterci tra le braccia del Padre, dell’unico Padre che prepara per tutti i popoli il banchetto del regno dei cieli. È la strada dell’Amore quella che il Dio che si fa Carne indica ad ogni uomo e ad ogni donna; e l’Amore non lascia mai fuori nessuno – anche se sceglie - non emargina, non rifiuta di accogliere, non dice di non avere tempo, non inventa scuse, non si nasconde dietro la paura del diverso da me. È per questo motivo che il nostro presepio quest’anno avrà la culla vuota: «Venne tra i suoi, e i suoi non lo riconobbero». È una provocazione per interrogare la nostra vita. Oggi è Natale, ma è davvero Natale per il mio cuore? Posso dire di essere capace di accogliere quel Bambino che viene dentro la povertà di una grotta, se non sono capace di accogliere ogni giorno chi bussa alla porta del mio cuore? La culla rimane vuota, per sottolineare la nostra responsabilità verso il mondo, il mondo che è nella guerra delle armi e il mondo che è nella guerra del benessere sprecone: nessuno può chiamarsi fuori, perché altrimenti paradossalmente Dio potrebbe rimanere l’eterno assente dalla mia vita nonostante le mie parole e i miei gesti siano imbevuti di religiosità. Il prologo di Giovanni che abbiamo fatto scendere dall’alto nel nostro presepio, scritto in greco secondo il testo originale, termina dicendo che «Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato». E ce lo ha rivelato come colui che nella sua Misericordia sa accogliere sempre ogni uomo in qualunque momento della propria vita. È un Padre che sa accogliere i suoi figli, desidera tanto che i suoi figli s’accorgano di essere tra loro fratelli. Forse è proprio per questo che il giudizio del Padre Misericordioso in compagnia del Figlio Gesù e dello Spirito Santo, è un giudizio sull’amore come descritto da Matteo al capitolo 25: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». La culla rimane vuota, quest’anno nel nostro presepio, perché ciascuno di noi impari ad amare, perché solo chi ama incontra il Cristo. E allora preghiamo, perché questo Natale sia l’occasione per lasciarci cambiare lo sguardo sugli altri, perché possiamo prenderci cura di ogni uomo, di ogni fratello, perché in ogni altro abita il Cristo. Amen.

UN PRETE PIU' CRUDELE DI ERODE (click)


Luigi Santambrogio
Pubblicato il giorno: 28/12/08
Bergamo: discutibile scelta di un prete

Se pure monsignore toglie Gesù dal presepe

Ci voleva un prete, un ministro della Chiesa cattolica. Anzi di più:
un monsignore parroco, cioè un sommo sacerdote, per fare ciò che
neppure a re Erode era riuscito fare. Cioè: eliminare il Bambino Gesù,
ammazzare il Natale nella mangiatoia e cancellarlo dal Presepe. Per
sottrarlo, infine, all'adorazione degli indegni parrocchiani. Come si
fa con gli scomunicati, con i peccatori senza speranza che Dio vuol
perdere.

Questo è successo nella messa di Natale nel tempio votivo di Bergamo,
dove il parroco, monsignor Attilio Bianchi, indossate temporaneamente
le vesti di Dio, si è rifiutato di mettere la statuetta del Bambino
Gesù nel Presepe. Non solo, monsignore, che a dispetto del cognome è
conosciuto come un prete con spiccate simpatie rosse, durante l'omelia
ha annunciato agli stupefatti fedeli che: «Questa notte non c'è
Natale, per voi Gesù non nasce».

Il tempio, che si trova nella parrocchia di Santa Lucia, si è così
guadagnato un primato difficilmente battibile: la sola chiesa
cattolica al mondo dove alla mezzanotte del 24 dicembre Gesù non è
nato. Meglio: (...)

(...) gli è stato impedito di nascere. E mica da un infedele, da un
imam islamico o da un improbabile seguace di Erode: il sequestratore
di Gesù ha i paramenti rituali e soprattutto l'ordinazione del
sacerdote di Santa Romana Chiesa.

Inaudito. O, se vogliamo anticipare la conclusione, esempio da manuale
di dove può giungere il moralismo e la supponenza di certi pastori (da
guardia) d'anime.

Perché dunque questa sorprendente cancellazione del Natale? Semplice:
monsignor Bianchi ha deciso che i suoi parrocchiani non erano degni di
tanta grazia, che la nascita di Cristo sarebbe stato un dono troppo
grande per loro, immeritevoli del Dio fatto uomo.
I nuovi Farisei del sociale

«Non siete pronti», ha detto dal pulpito il Savonarola bergamasco, «se
non sapete accogliere il diverso, lo straniero, non potete accogliere
Gesù Bambino. Perciò per voi il Salvatore non nasce». Dalle parole ai
fatti: don Attilio ha vietato al chierichetto di posare nel presepe
della chiesa la statuetta del Bambinello.

Erode il Grande, governatore della Palestina, fu condannato dalla
storia perché ordinò ai suoi sgherri di uccidere tutti i primogeniti
fino ai due anni maschi di Betlemme e dintorni, nella speranza di far
fuori il Bambino Gesù. Temeva che un re più grande e potente gli
potesse insidiare il potere. Monsignor Bianchi non ha avuto bisogno di
darsi tanto da fare come il disgraziato sovrano. Il piccolino non ha
dovuto cercarlo tra mille altri, lo aveva lì a portata di mano e non
ha dovuto architettare una strage. Gli è bastato prenderlo dallo
scatolone delle statuine di gesso, in sacrestia, e posarlo
sull'altare. Inavvicinabile.

Ma ha fatto di più: s'è sostituito a Colui che solo può leggere nel
cuore degli uomini e ha improvvisato nel tempietto bergamasco il suo
privato giudizio universale. Ha sottratto il Salvatore ai suoi
parrocchiani perché li ha ritenuti indegni d'essere salvati. «Il
messaggio che ho voluto dare», ha spiegato, «è proprio questo: Gesù
non ha paura di avvicinarsi agli emarginati, agli ultimi. È venuto il
momento che chi si dice cattolico metta in pratica gli insegnamenti di
Cristo». Ipse dixit.

Curioso davvero questo modo di esercitare la professione di ministro
di Dio. Probabilmente don Attilio ritiene che il Natale sia come la
promozione a scuola: occorre meritarsela con buoni voti. Che Dio sia
sceso sulla Terra diventando uomo solo a vantaggio degli ultimi (i
primi vadano pure all'inferno).

Tragico equivoco, anzi, ci sia consentito sospettare che con quella
teatrale scelta monsignore abbia compromesso quello che è l'autentico
senso del Natale: dono gratuito, immeritato, che solo l'immensa
misericordia di Dio può compiere. Come può un parroco decidere chi
ammettere o no a quel dono? Chi lo autorizza a presentare come dogma
la sua morale pseudo buonista e politicamente schierata?

I Farisei del Vangelo si comportavano allo stesso modo quando si
scandalizzavano del Maestro che cenava con gli strozzini o salvava
adultere e prostitute dalla lapidazione. Pure il moralismo è
cangiante: oggi don Attilio giudica pubblicani e peccatori sciorotti e
sciorette che magari commettono l'imperdonabile sacrilegio di andare
alla messa di mezzanotte in pelliccia. Che forse predicano male e
razzolano pure peggio.

Che pena quei sacerdoti che esigono dai fedeli il preambolo politico
come fosse il certificato di battesimo. Pretendono subito la
professione di povertà, l'impegno a favore degli ultimi e degli
emarginati. Poi avranno anche il Bambinello nel Presepe e il Natale
come monsignore comanda.

Che insopportabile e disumano moralismo, non diverso da quello dei
Farisei che si vantavano di rispettare il sabato e osservare le leggi
mosaiche. Persone rette, benpensanti, giuste, ma ferocemente
anticristiane. Perché non bisognose di nulla, sazi nella loro
perfezione etica e formale.

Beh, la storiaccia si ripete. Alla povertà evangelica dei cuori si è
sostituita quella marxista dello stomaco. Che va pure saziata, ma
c'entra nulla con il Natale. Avvenimento troppo grande e sconvolgente
perché qualcuno possa immaginare di poterselo meritare.
La perfetta imitazione

Il Salvatore è stato messo in Croce perché i sacerdoti del tempio non
accettavano di seguire il figlio di un falegname di Nazareth. A
Bergamo è stato addirittura eliminato alla nascita, negato a tutti: ai
poveri pastori come ai ricchissimi Magi.

Brutti tempi quando i laici debbono suggerire il mestiere ai
religiosi. E allora, vogliamo parlare a monsignor Bianchi con le
parole di Charles Péguy, grande scrittore cattolico. Scrive: «Prima di
questa perpetua, imperfetta imitazione di Cristo di cui parlano
sempre, c'è stata questa molto perfetta imitazione dell'uomo da parte
di Gesù Cristo, della miseria mortale e della condizione dell'uomo». È
questo "prima" che è nato a Betlemme. Via, don Attilio, abbia
compassione di noi e rimetta quella statuina nel Presepe di Santa Lucia.

mercoledì 24 dicembre 2008

Caro Gesù Bambino


mercoledì 24 dicembre 2008, 10:26
Caro Gesù bambino, ti prego riportaci presto il senso del peccato
di Susanna TamaroCaro Gesù bambino, mi permetto di disturbarti perché so che ormai non saranno in molti a farlo. Un esercito di tripponi vestiti di rosso e con barbe posticce ha invaso il tempo a te dedicato e - con il e di renne volanti - ha offuscato la straordinaria umiltà della tua nascita. Questa folla vociante di buontemponi dagli occhi sbarrati in un’espressione di perenne felicità si cala dalle finestre dei condomini, staziona davanti ai negozi e nelle strade più commerciali delle città.

Sono loro ormai a raccogliere i desideri dei nostri bambini. Come non provare simpatia per questi arzilli nonnetti? Non c’è malizia nei loro occhi né traccia di rughe sulle loro guance, dai loro sacchi non esce mai carbone. La loro presenza ci parla di un mondo privo di ombre, un mondo dove tutti si vogliono bene, si fanno regali uniti da una eccitata felicità. C’è del male a essere felici, a desiderare l’armonia? Naturalmente no, forse per questo la schiera di amabili tripponi sono diventati così popolari.

Però, caro Gesù bambino, un mondo in cui non esiste l’ombra mi lascia vagamente inquieta. Ci sono tante cose che vorrei chiederti, ma forse la prima - e la più importante - è proprio questa. Riporta la coscienza dell’ombra nei nostri cuori, restituisci a tutti noi questa dimensione così umana. Che cos’è infatti l’uomo, senza la consapevolezza del male? Dai tempi di Rousseau ci viene ripetuto che l’uomo nasce naturalmente buono e questa ossessiva ripetizione ha finito con il dare i suoi frutti. La colpa del male che ci circonda, ci viene detto, non è mai in noi, ma sempre al di fuori: è colpa della società, delle ingiustizie, della corruzione, dei nostri genitori, della parte politica avversa, ma non dipende mai da una nostra precisa responsabilità . Sono state edificate grandi dittature su quest’idea - dittature che hanno causato decine e decine di milioni di morti innocenti - ma ciononostante continua ad essere radicata. Cambiando le condizioni esterne, si continua a ripetere, l’uomo cambierà e sarà in grado di rendere la società più giusta, più tollerante. E se invece la priorità fosse quella di cambiare l’interno?

Nelle ultime pagine di Va’ dove ti porta il cuore la nonna scriveva alla nipote: «Ricordati che la prima rivoluzione da fare è quella dentro se stessi, la prima e la più importante. Lottare per un’idea senza avere un’idea di sé è una delle cose più pericolose che si possano fare ». Riporta, dunque, nei nostri cuori, caro Gesù bambino, il senso di quella cosa ormai così ridicola, sorpassata e oscurantista che si chiama senso del peccato. Lo so, questo termine suscita nella maggior parte dei nostri contemporanei dei moti di fastidio o di ilarità: cosa c’entra il peccato con gli uomini moderni che dominano ogni cosa sotto la chiara luce della ragione? Sono convinti, penso, che il peccato sia un anacronistico sistema di controllo delle coscienze imposto dai vari fanatismi religiosi. Ma se invece il peccato fosse, come dice una delle sue etimologie ebraiche più frequenti, prima di tutto un «mancare il bersaglio», uno smarrire la strada, una deviazione di percorso? Deviazione dal nostro cammino di crescita. Che cos’altro è la vita dell’uomo se non un faticoso, affascinante, meraviglioso cammino verso il bersaglio, cioè la piena consapevolezza dell’esistere?

Un cammino di continua lotta contro le tenebre che cercano di sopraffarci, dove le tenebre non sono un dispetto fatto al Papa, ma quella forza oscura che costantemente agisce dentro di noi portandoci verso la chiusura, l’egoismo, l’odio per sé e per gli altri mascherato da mille suadenti volti. Il cammino dell’uomo non è altro che un processo di unificazione. Si nasce divisi, ci sono tante pulsioni in noi in lotta tra loro per predominare. Crescere vuol dire appunto discernere, imparare a distinguere ciò che è bene da ciò che non lo è. Il criterio per la distinzione è estremamente semplice: è bene tutto ciò che costruisce, tutto ciò che l’uomo fa per l’uomo nella dimensione dell’apertura e dell’amore; è male tutto ciò che, nel tempo, si dimostra portatore di divisione e di distruzione, anche se all’inizio è apparso benevolo.

Ogni mattina, quando mi sveglio e comincio la giornata, so che dentro di me sonnecchia un potenziale assassino, sento perfettamente viva la grande scimmia che c’è in me, una scimmia pronta a difendere il suo territorio a morsi e a colpi di randello, incapace di elaborare pensieri molto più complessi di quelli legati alla propria sopravvivenza. Sono però cosciente che invece quello che mi divide dalle grandi scimmie - quel due per cento di diversità genetica - è proprio la possibilità di scegliere e di costruire la mia vita sulla base di questa capacità. Ogni scelta naturalmente è una rinuncia: è rinunciando a delle cose che imparo a riconoscere la parte di me che vuole crescere da quella che, invece, vuole mantenermi ferma. In una società bulimica come la nostra, il discorso della rinuncia suona sinistro, eppure senza questo percorso non si potrà mai raggiungere la saggezza e la sapienza, vero scopo della vita dell’uomo.

Che senso ha invecchiare, inseguendo il simulacro dell’eterna giovinezza, gonfiandosi le labbra, le guance? Una società che non accetta il cambiamento, che non riconosce il principio del male è inerme davanti ai mostri che lei stessa produce. È una società che, per anestetizzare la propria coscienza, ha bisogno di alzare sempre più alte le bandiere dell’umanitarismo, della tolleranza, del pacifismo. Sente i demoni salire dentro di sé, ma non sa come tenerli a bada, così usa i surrogati: per non parlare del bene, ci fa indossare gli osceni abiti del buonismo volendo farci credere che indossare la pelle della pecora sia la stessa cosa che diventare agnelli.

Come dormiamo sereni con le nostre bandiere della pace alla finestra, con le petizioni che firmiamo, con le indignazioni che si susseguono giorno dopo giorno seguendo l’orchestrazione emotiva dei mass media. Com’è bello sentirsi buoni e giusti mentre il mondo intorno a noi è popolato di ottusi, di fanatici, di malvagi. Lottare per la giustizia sulla terra è una cosa importantissima, come tu sai, ma per farlo bisogna avere un cuore indiviso, capace di mettere sempre il mistero della persona in primo piano e non l’abito disonesto del pregiudizio e dell’ideologia.

Ci sono tante altre cosa che vorrei chiederti, caro Gesù bambino. Vorrei chiederti, ad esempio, di far sparire il cinismo dalle nostre menti e dai nostri pensieri, di riportare in noi la capacità di accogliere con stupore l’arrivo di un nuovo giorno, sapendo che qualsiasi cosa ci accadrà sarà comunque importante perché ci servirà per imparare. Cancella tutti gli «ismi» dai nostri cuori e riempili di compassione. Compassione per le persone, per gli animali, per le piante, per tutto il mondo che vive assieme a noi e, con noi, condivide il mistero del male. Rendi di nuovo innocenti i nostri bambini che abbiamo trattato come cassonetti della spazzatura buttando loro addosso ogni sorta di porcheria pretendendo poi che diventino delle belle persone e dei bravi cittadini. Ridona ai genitori la capacità di educare e di guardare a ogni figlio come un essere delicato e prezioso da trattare con fermezza e con amore, proteggendolo dalle oscenità del mondo circostante.

E infine porta un grande carico di vergogna a tutte le persone che occupano un posto di potere e non agiscono per il bene della comunità. Fai arrossire i corrotti, gli evasori, gli ipocriti, i demagoghi e tutti coloro che vivono proni davanti agli idoli del potere e del denaro. Caro Gesù bambino, fa’ che noi continuiamo a sentirci creature fragili, dal destino misterioso, dal compito affascinante e non automi docilmente succubi del fracasso dei media. Fa’ che siamo capaci di ribellarci a questa oscurità che ci viene fatta passare per luce, alle luci finte, alle barbe finte, alla pance finte, ai pensieri e ai sentimenti finti, alle finte eterne giovinezze. Fa’ che in ognuno di noi torni a radicarsi l’idea che non c’è altro senso del cammino della vita che la costruzione e la ricerca dell’amore. http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=316893

sabato 20 dicembre 2008

SOLSTIZIO D'INVERNO


Domani 21 dicembre 2008, alle 13:04 ora italiana avverra' il solstizio di inverno.

Il sole raggiungera' il nadir e da quel momento comincera' a risalire ...... e la giornata comincera' ad allungarsi

Buona luce e Buone Feste a tutti

Antonio Ambrosino

mercoledì 3 dicembre 2008

E LA VITA CONTINUA...


Nè mancano i gioelli per rallegrarci