venerdì 30 maggio 2008

Il greggio a 100 e il cretino globale di Maurizio Blondet

L'articolo è del 31 dicembre 2007

E’ stato un «trader» del Nymex (New York Mercantile Exchange) a portare il greggio oltre la soglia psicologica dei 100 dollari a barile. L’ha fatto tanto per provare una emozione: difatti ha comprato da un altro «trader» mille barili di greggio (il minimo consentito) al momento giusto per provocare il tracollo, per poi rivenderli immediatamente, tra l’altro con una perdita di 600 dollari.
Lo ha rivelato al Financial Times Stephen Schork, fondatore della newsletter Shork Report (che segue il mercato petrolifero) ed ex «trader» al Nymex. «Potrà dire ai nipoti che è stato lui a farlo. Sono sicuro che sta incorniciando la ricevuta che comprova lo scambio» (1).
Difatti i responsabili dell’OPEC si sono affrettati a comunicare: non è per colpa nostra. «Non c’è problema di scarsità d’offerta del greggio», ha dichiarato Hojjatollah Ghanimifard, direttore della compagnia nazionale petrolifera iraniana (l’Iran è il secondo produttore dell’OPEC dopo l’Arabia Saudita): «Secondo me, il vero problema sta al di fuori del mercato del petrolio. C’è troppa liquidità disponibile, il grosso del problema sta nel mercato di carta sul greggio».
Infatti sono stati gli speculatori sui futures petroliferi, che scommettono sul rincaro, a provocare il rialzo (2).
E la loro frenetica settimana di gloria è stata coronata dalla pura demenza dell’anonimo «trader» che ha comprato e rivenduto in perdita i suoi mille barili (di carta) per essere l’uomo che portò il greggio a 100. Ovviamente, rotta la barriera psichiatrica, i futures scommettono - e dunque provocano - ulteriori rincari.

Siamo nelle mani di questo tipo di gente: cretini globali sul mercato globale. Ma il pirla del Nymex ha un imitatore in Trichet, il governatore della Banca Centrale Europa. Come si ricorderà, il 18 dicembre scorso la BCE inondò il mercato interbancario con 380 miliardi di euro a 2 settimane - somma astronomica che lasciò stupefatte persino le Banche Centrali anglo-americane - per dare liquidità alle banche che rifiutavano di prestarsi soldi a vicenda, sapendo di avere in pancia enormi buchi da perdite sub-prime e bisognose di costituirsi riserve.
Ebbene: adesso la BCE sta prosciugando l’alluvione che ha provocato, riacquistando almeno 300 miliardi di dollari dalle banche. Lo chiede con un’asta di acquisto, offrendo il 4%.
E il bello è che le banche, che avevano bisogno disperato di questa liquidità, stavolta lo ridanno alla BCE: allo stesso tasso cui l’avevano preso in prestito, è vero, ma con una perdita secca. Se avessero usato quel denaro per concedere fidi e prestiti anche a breve, avrebbero guadagnato di più. Ma evidentemente stimano che il rischio di prestare, oggi, non valga il profitto (3).

Lo stesso fanno i banchieri anglo-americani: questi leoni del rischio, che negli anni scorsi, senza batter ciglio hanno comprato 1,8 trilioni di dollari di titoli confezionati con i mutui sub-prime (roba che puzzava lontano un miglio, data l’insolvenza dei debitori dei mutui), oggi corrono ad acquistare Buoni del Tesoro USA a 10 anni, come pensionati tremebondi.
Fra l’altro questi Bond di Stato decennali danno un interesse che è inferiore al tasso d’inflazione, e ancor più lo sarà perché l’inflazione non farà che crescere, e può perfino diventare iper-inflazione. Cioè stanno facendo un cattivo affare per paura del rischio, come ne fecero prima uno pessimo per attrazione demenziale al rischio.
Sono questi i cretini globali che per anni ci hanno invitato ad affidare a loro i nostri risparmi, adducendo che loro sì erano i veri esperti della finanza, i veri competenti della speculazione.

La BCE d’altra parte riassorbe l’eccessiva liquidità di cui ha inondato l’Europa: e fa bene, anche se il costo dell’operazione, per noi euro-contribuenti, non viene rivelato. Ma perché aveva creato quell’alluvione? E perché le banche prima sono corse a prendere il denaro, ed ora corrono a restituirlo?

Secondo l’economista Francesco Forte, che fu ministro di Craxi, la BCE ha aiutato le banche alla «foto di fine anno», ad abbellire i bilanci che si chiudono il 31 dicembre. Il bilancio annuale viene poi «reso pubblico l’anno seguente, come un fotofinish rappresentativo di una situazione che si suppone strutturale», ironizza Forte- ma strutturale non è. I malati si sono fatti dare il belletto per tingersi le guance. Pura cosmetica finanziaria.
Così, mentre le banche si sono messe il fondotinta per il fotofinish e sembrano sane, ottocentomila americani, nella sola seconda metà del 2007, hanno cominciato le pratiche d’insolvenza che le porterà a perdere la casa d’abitazione per pignoramento.

Nel mondo anglosassone, le perdite dei privati e delle banche ammonteranno - secondo le valutazioni di Evans-Pritchard del Telegraph - a un trilione di dollari, il che porterà come conseguenza una restrizione del credito di 4 trilioni di dollari. Un governo serio come quello giapponese si prepara ad acquisti in massa di granaglie sui mercati mondiali, per assicurare alla sua popolazione riserve stabili in tempi di prezzi crescenti (il frumento è rincarato del 71% in un anno, la soya dell’81%) e per costituirsi riserve d’emergenza nel caso di vera scarsità. Il Giappone è il più grosso importatore mondiali di grani, e conta di aumentare le sue riserve, attualmente bastanti per uno-due mesi di consumo, a tre mesi (4).

Il Giappone del resto si prepara a un rallentamento, per il fatto che lo yen s’è apprezzato sul dollaro del 18%.Il fatto che l’euro si sia apprezzato del 50, invece, non preoccupa i nostri cretini locali, eurocrati alla Padoa Schioppa, mentre persino la Germania sta rallentando. L’importante è la cosmetica finanziaria e qualche trucco contabile creativo, ciò che essi credono essere l’economia.

In questa sfilata di cretini planetari non dobbiamo dimenticare i sindacati italioti, che - da quando Napolitano ha scoperto che c’è il carovita - minacciano lo sciopero generale per aumentare i salari, tutti quanti: come fare sciopero per l’alta marea, ma non è qui il punto. E’ come se CGIL CISL UIL fossero sbarcati da Marte due giorni fa, e non avessero invece partecipato da decenni a tutti i negoziati con Confindustria e governo, in base ai quali i salari nostri sono i più bassi d’Europa. Con l’accordo collusivo dei sindacati cosiddetti «dei lavoratori».

Sono furbetti locali, ma la loro cretineria sta nel credere di riuscire, anche stavolta, a darcela a bere. O avranno ragione loro? In questo caso, i super-cretini siamo noi.

Note 1) Ray Massey, «Lone trader ‘seeking fame’caused $100-a-barrel oil surge bringing misery for millions of motorists», Daily Mail, 3 gennaio 2008.
2) «Oil at $100 not our fault - OPEC», Reuters, 3 gennaio 2008.
3) Francesco Forte, «La BCE fa retromarcia - drenaggio da 300 miliardi», Libero Mercato, 3 gennaio 2008.
4) Jae Hur, «Japan to Increase Emergency Stockpiles of Grains, Yomiuri Says», Bloomberg, 2 gennaio 2008.

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giovedì 29 maggio 2008

COLORI E TRISTEZZA


Sin da piccola ho condiderato i clown figure tragicomiche, mi hanno sempre dato tristezza e non capivo come potesse la gente ridere alle loro goffaggini, a quei visi pittati che non riuscivano a nascondere gli occhi; quelli io vedevo e vi leggevo stanchezza, fatica di vivere, non vi era in essi il sorriso che mostravano le bocche smisurate, artatamente dipinte con gli angoli all'insù.
Cercavo un po' di colore per il mio blog, che è così nero per mia scelta, ma il cuore mi sanguina per la cattiveria che sento pesante nell'aria, così ho trovato la figura che mi rappresenta.

martedì 27 maggio 2008

ANTONIO ALBERTO SEMI (click)

UNA FAVOLA PSICHIATRICA
di Antonio Alberto Semi ( Venezia)

C'era una volta, in un paese lontano lontano, alla periferia della
regione della Roeupa, oltre i monti Pial, in un paese chiamato Tailia, un
bambino piccino piccino che era stato chiamato Segiuppe.
Segiuppe viveva con il papà, con la mamma e con un fratellino più
grande che si chiamava Rimano; ma, mentre Rimano era cresciuto libero e felice,
Segiuppe già quand'era nato era sembrato un po' strano.
Non voleva attaccarsi al petto della mamma, e sì che Rimano, che
occhieggiava di lontano, al solo guardare sentiva un languorino ma un languorino
che non vi dico neanche, cioè ve lo dico solo per dire che faceva voglia anche
ai bambini più grandi. Poi piangeva.
Piangono tutti, i bambini. Sì, è vero, ma questo piangeva strano: la
mamma lo prendeva in braccio e non si consolava che dopo ore e ore. Poi bastava
che la mamma se ne andasse per un momento e lui pronto riattaccava. Il papà, che
era un buon uomo e grande lavoratore, si seccava un po' perché, che è, che non
è, a poco a poco la moglie era passata a vivere nella stanza dei bambini. Egli
voleva bene ai tigli, ma voleva bene anche alla moglie e soffriva di vederla
deperire a causa di Segiuppe; e poi rimpiangeva, e un po' si vergognava di
questo suo sentimento, quel periodo in cui, prima cne nascesse Segiuppe e quando
Rimano era già grandetto da dormire da solo, poteva a volte coccolarsi come dio
comanda sua moglie e insomma, sempre come dio comanda, amarla.
Però Segiuppe cresceva bene ed era un bambino bellissimo. Non
giocava, è vero, ma gli altri, al solo guardarlo, si sentivano come affascinati
da questo bimbetto. Non rispondeva, è vero, ma la mamma poteva sempre dire che
faceva apposta, tant è vero che se nienteniente uno scartava una caramella di
nascosto, lui si girava con lo scatto d'un levriero verso il goloso. Però, e
anche questo era strano, non faceva nulla per prenderla, la caramella.
Allora la mamma, che era di cuore grande, ma grande così, prendeva
la caramella e gliela metteva nella manina. Ma lui niente, se la teneva lì per
ore intere, senza mangiarla. Poi d'un tratto, oplà, la caramella era sparita e
si trovava solo la carta.
Divenne più tardi un bambino buonissimo: passata la fase in cui
piangeva sempre, amava stare da solo, sempre nella sua stanzetta e la mamma
sapeva che, se usciva per fare le spese, poteva lasciarlo lì tranquillo
tranquillo e così, tranquillo tranquillo, lo avfebbe trovato al ritorno. Solo,
si arrabbiava tantissimo se appena Rimano faceva per cambiare qualcosa in
camera, spostare un gioco (che peraltro Segiuppe non toccava mai), tirare una
stuoia più in là. Si arrabbiava tanto che la mamma, quando lui (che aveva ormai
due anni) aveva rotto ogni bendidio in camera solo perché Rimano aveva spostato
l'orsacchiotto, aveva pensato di far dormire Rimano in camera grande, cioè
quella matrimoniale, per lasciare a Segiuppe la stanza tutta per se.
Segiuppe, intanto, cresceva ma non parlava. Il papà gli faceva
ghirighiri sotto il mento e lui non rideva, non diceva niente, pareva che il
papà fosse fatto di vetro e lui guardasse di là.
La mamma gridava « Segiuppe, Segiuppe, vieni a mangiare, la pappa e
pronta » e lui non diceva nè ai nè bai. La mamma gli portava da mangiare in
camera e lui prendeva la mano della mamma e la guidava al cucchiaio per farsi
imboccare. « Segiuppe, sei grande, devi mangiare da solo, con il cucchiaio, come
tutti i bravi bambini ». Macché: lui sorrideva, d'un sorriso vago, estatico, che
pareva venisse di lontano lontano, che se si guardava bene era anche un poco
triste, e stava lì.
Venne l'età dell'asilo, ma Rimano dovette continuare ad andar da
solo perché Segiuppe urlava, si dimenava, mordeva, ma non voleva andarci. Un
giorno che la mamma era riuscita a portarlo, dovette tornare a prenderselo dopo
un paio d'ore perché lui era stato lì, da quando era entrato, fermo sulla porta,
duro e pallido come fosse stato di pietra. I bambini lo pizzicavano e lui mancò
ti bado; la maestra lo carezzava e lui giù un morso.
I genitori cominciarono a preoccuparsi. Parlane oggi e parlane
domani, decisero infine di portarlo da un prete, famoso in tMtto il paese per la
sua bontà. Egli aveva beneficato molti. Aveva ospitato ciechi in luoghi
panoramici, portato sordi a concerti di pianisti famosi, aveva istituito piccole
tutti i quartieri della città pe gionieri non si sentissero soli lantropia era
tanto nota cne lo avevano nominato grande sicché poteva decidere, per tutti ,
quali fossero i bisogn no, e stabilire le misure per soddisfatti.
Il suo nome era Sabaglia.
Nonostante fosse indaffaratissimo rivette subito i poveri genitori e
chiese loro perchè mai avessero chiesto di parlargli. « Don Sabaglia, ci aiuti,
disse la mamma, abbiamo un bambino che ci fa perdere il sonno dai tanti pensieri
che ci fa venire. » e, in quattro e quattr'otto, raccontò la storia di Segiuppe.
Don Sabaglia annuiva annuiva mentre la mamma parlava e lei aveva l'impressione
che fosse forse anche inutile parlare, che lui sapesse già tutto. Ma, già che
era lì si fece forza e raccontò.
Alla fine Sabaglia disse: « Ah, amici miei, compagni miei, quanto
vorrei potervi accontentare! Ma mi chiedete una cosa sbagliata, non una
sabagliata, cioè una cosa che posso fare io. Dovete invece fare come vi dirò io
e allora, vedrete, saremo tutti contenti. Dico saremo perché questo problema è
di tutti, non vostro solo e a tutti parlerò perché venga affrontato per il verso
giusto ». Cosi i genitori se ne andarono con l'accordo di ritrovarsi di lì a
pochi giorni, alla riunione del quartiere, dove don Sabaglia teneva le prediche
ogni venerdi.
Don Sabaglia aveva detto di portare anche Segiuppe e il giorno
fatidico, eccoli lì, i genitori ben vestiti, Rimano ancora con il cestino
dell'asilo ( si era dovuto portare anche lui, se no chi gli badava?) e Segiuppe.
I due genitori un po' si vergognavano: erano gente schiva e non si sentivano a
loro agio, tanto più con Segiuppe che si divincolava e d'improvviso, cosa che
non aveva mai fatto si buttava a capofitto contro il muro, con un colpo sordo e
secco che faceva sussultare tutti. Qualcuno protestò, ma, quando i genitori
dissero che erano lì perché lo aveva detto don Sabaglia si tacque. E don
Sabaglia, giunto di li a poco, parlò.
Dovete sapere che in quel paese i preti da lungo tempo non dicevano
più di essere preti e in chiesa non ci andava più nessuno perché le cerimonie
liturgiche si facevano, sotto mentite spoglie, in locali che si chiamavano
centri sociali. Era un paese tremendamente afflitto dalla vergogna e, se uno
avesse chiesto a un altro, l'obbligo di buona educazione sarebbe stato di
rispondere di no, in modo che tutti e due capivano di sì, ma senza dover
affrontare la vergogna di dir come stavano le cose: per questo i preti non
dicevano di esser preti, le chiese non si chiamavano più chiese, le prediche non
si chiamavano più prediche. Ma noi, qui, continueremo a chiamare le cose col
loro nome, perché se no non capiremmo più niente.
Dunque don Sabaglia parlò.
La sua voce, bassa, un po' strascicata, non aveva nulla del tono
dell'arruffapopolo. Era, semplicemente, convincente. Disse che un grande
problema si poneva alla comunità, ma anche una grande occasione per fare un
salto qualitativo. Si trattava di vedere se tutti, non a parole ma a fatti,
erano disposti a caricarsi del problema di questa famiglia. Non era giusto che
essi, soli, si trovassero a gestire Segiuppe. Tutti dovevano farsene carico.
Segiuppe doveva restare sul territorio e tutti, anche quella maestra che aveva
chiamato la mamma perché venisse a prenderselo, dovevano non solo accettare ma
anche valorizzare la diversità di Segiuppe. Segiuppe doveva diventare il nodo
cruciale sul quale venticare la volontà politica di cambiare. Solo così si
sarebbero affrettati i tempi di una vera rivoluzione. (Volendo tradurre per chi
non è abituato al linguaggio tailiano, la predica di don Sabaglia si può
riassumere così: il dolore del fratello èun mistero mandatoci da dio, noi
dobbiamo tutti insieme viverlo, giacché nel dolore si prepara la venuta del
regno del messia).
Fu un intervento (predica, nel nostro linguaggio) memorabile.
Il popolo piangeva e si batteva il petto, la maestra giurava di
volersene far carico anche subito, i genitori, benché duramente provati da quel
che era accaduto tinora, avevano un così grande desiderio di sperare che si
abbandonarono al clima generale. Così, dal giorno dopo, tutti i cittadini di
quella città presero a farsi carico di Segiuppe; ogni mattina si presentava uno
e diceva: « Oggi me ne faccio carico io », lo acchiappava, lo metteva sulle
spalle e lo portava in giro per la città, incurante dei morsi, dei pugni, degli
schiaffi e dei pizzicotti che Segiuppe con innato senso dell'uguaglianza
distribuiva a ciascuno. Poiché erano tanti e Segiuppe era piccolo, il peso quasi
non si sentiva: per un giorno! Ma dài e dài passava il tempo e Segiuppe
cresceva: farsene carico diventava sempre più difficile. Solo alcuni giovanotti
resistevano tutta la giornata con Segiuppe sul groppone, i più dopo un paio
d'ore crollavano.
E i giovanotti, poi, erano seccati di dover sempre star lì a
bloccargli le mani per non arrivare dalla morosa, la sera, tutti segnati. Si
decise di acquistare un carrozzino, tirato da un cavallo. Il sindaco approvò, la
regione dette il suo assenso, i contribuenti tirarono fuori i soldi e Segiuppe
fu scarrozzato, che volesse o non volesse, per tutto il santo giorno per le
strade della città. Sul carrozzino era stato scritto, perché i cittadini non
dimenticassero: questo è Segiuppe, tutti dobbiamo farcene carico, deve restare
sul territorio.
Una volta un ragazzino, forse un po' invidioso del carrozzino,
chiese:
« Ma perché non gioca un poco con noi? », ma il padre gli diede uno
smataflone e gli disse: « Zitto, stupido, Segiuppe è diverso e noi dobbiamo
accettarlo così com'è: se diventasse come te, che diverso sarebbe? ».
Nessuno se lo portava a casa, perché doveva restare sul territorio e
nessuno stava a cercare di farlo parlare, perché bisognava accettarlo così
com'era. Bisogna sapere che in quel paese tutti avevano paura della violenza e,
benché qualche mattacchione ogni tanto lanciasse un petardo per spaventare il
popolo, nessuno avrebbe costretto un altro a fare alcunché. Figurarsi
costringere Segiuppe a parlare. La libertà di parola era considerata sacra. Se
qualcuno, con mezzucci, avesse niente niente tentato una cosa del genere,
sarebbe stato bollato degli insulti più atroci; violento, tecnocrate e
individualista era il meno che potesse aspettarsi.
Ma il tempo passava, impietoso.
Rimano andava già all'università, già era entrato in quella fase
della vita, lunga in quel paese, in cui si cerca lavoro: e Segiuppe sempre sul
carrozzino. I genitori, poi, diventavano vecchi. Anche lui aveva, ovviamente,
cambiato aspetto. Sempre però con quello sguardo strano, un po' selvatico e un
po' assente. Di tanto in tanto, ma di rado, mollava uno sberlone a qualcuno
senza tanto pensarci su (o, chissà, ci pensava ma non si capiva). Bisognava
radergli la barba tre volte la settimana, aveva deciso il sindaco all'atto di
far la delibera per pagare il barbiere, e, al tempo stesso, imboccarlo.
I genitori si sentivano anche a disagio: tutta questa gente che si
dava da fare per Segiuppe e loro che provavano un sentimento misto, come se
glielo portassero via, da un lato, e se non si fosse mai fatto niente davvero
per lui dall'altro. Poi si sentivano in colpa di pensare cosi di gente che li
aveva aiutati tanto e piangevano. I vecchi! Ritornano bambini, si sa.
Segiuppe, intanto, era ancora sul territorio ma, poiché il cavallo
che tirava il carrozzino era morto e trovarne un altro era un'impresa, e poi
costava tanto con i tempi duri che correvano, era stato allocato nei giardini
pubblici, che erano ben grandi, come sempre nelle città di quel paese. Più sul
territorio di così, dissero tutti, e quasi se ne scordarono. Sennonché un giorno
cominciò a circolare la voce che si masturbava, proprio li, in mezzo al
giardino, senza, immaginate, il minimo senso della vergogna.
Fu cosi che anch'egli ebbe una funzione socìale, anzi, a vero dire,
un reale lavoro: si pensò infatti che, lungi dal primere il fenomeno, bisognava
in incoraggiarlo, se era possibile. Comunque era bene che, contrariamente alle
opinioni di alcuno, lo vedessero anche i ragazzini delle scuole: così avrebbero
imparato a tollerare la diversità in tutte sue manifestazioni. Dunque nei
programmi di educazione sessuale fu inserita una gita al parco: si spiegava voce
suadente la sessualità dei diveri, e come bisognasse accettarla. Beninteso era
la sessualità dei diversi.
E qui la storia volge alla fine, tristemente perché la fine è la
morte dei genitori che, inzaccherato o cencioso che fosse; acchiappavano
Segiuppe ogni sera, se lo ripulivano e se lo mettevano a letto. Ma morti loro,
che fare? Il fratello, per necessità di lavoro era emigrato, parenti non ce
n'erano. Si riunì il consiglio comunale, si riunirono il consig]io di quartiere,
ciascuno propose qualcosa e le proposte andarono vagliate, poi ridimensionate,
poi riunite, quindi meditate e di nuovo discusse: insomma passò del tempo.
Qualcuno, intanto, visto il tempo passava e Segiuppe restava
territorio, gli aveva costruito un capannino di frasche e lui vagolava tra
dentro e fuori, sempre zitto come un pesce, forse, con uno sguardo ancora più
triste. Il capannino fu visto, fu considerata una proposta popolare, dunque
giusta e fu elaborata una proposta: di costruire una casetta li, nel parco, per
Segiuppe, anche con un appartamentino per un custode, che gli badasse un po' e
un po' tenesse in ordine il giardino. Era la soluzione giusta, tutti lo capirono
subito, ma come chiamarla?
Qualcuno proposte: Nimacomio? E così fu.
E vissero felici e contenti per un secolo e più.

lunedì 26 maggio 2008


Il Centro Cattolico di Documentazione ha passato a Rino Camilleri che ce la racconta una notizia comparsa sul «Corriere della Sera» del 5 febbraio 2008,

La londinese Michelle Stepney, trentacinque anni e madre di un bambino di cinque, incinta di due gemelline (Alice e Harriet) si è ritrovata affetta da un tumore all’utero. Ha deciso di accettare solo una chemioterapia blanda per non danneggiare i due feti. A rischio della sua vita.

Ebbene, le piccole sono nate senza capelli per via della cura ma si è scoperto il perché scalciavano tanto nella pancia della mamma: avevano spostato a calci il tumore, impedendo che facesse del male a tutte e tre. Il tumore è poi stato felicemente operato dopo il parto.

Il Cancer Research Center britannico ha premiato la coraggiosa madre col Women Courage Award, assegnato a chi fa qualcosa di veramente speciale per gli altri.

venerdì 23 maggio 2008

GOVERNO OMBRA PD = CAVALLO DI TROIA


Capiranno gli Italiani che il "governo ombra" è come il cavallo di Troia e il Pd è composto da una massa di Ulisse del XXI secolo ?
Sarà Berlusconi come Laocoonte con i suoi figli ministri ? E verranno dal Mediterraneo i grossi serpenti che trascinarono via Il povero indovino e sacerdote troiano insieme ai figli?
Porrà attenzione il Priamo del Colle per ascoltare le tante Cassandre che gridano all'imbroglio ? E avrà la forza di ordinare al suo popolo di sinistra di desistere da un disegno utile solo a bruciare definitivamente l'Italia ?
Chi vivrà vedrà.

giovedì 22 maggio 2008

lunedì 19 maggio 2008

Bruno Contrada



L'avvocato Giuseppe Lipera ha incontrato il suo assistito Bruno Contrada nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, dove l'ex funzionario del Sisde sconta 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo un colloquio di circa cinque ore, a cui in parte ha assistito anche il deputato del Pdl Giancarlo Lehner, l'avvocato ha dichiarato: "E' triste dirlo, ma in pratica siamo all'epilogo di una tragedia annunciata".
Le condizioni di salute di Contrada "rimangono quelle note a più, anzi è ancora più smagrito e pallido" dice l'Avvocato. "Mi ha confermato - ha aggiunto Lipera - che non vuole che presenti più istanze di liberazione per motivi di salute. 'Ormai è chiaro: Mi vogliono morto!' ha detto Contrada aggiungendo: 'continui la battaglia per il riconoscimento della mia innocenza anche da morto, ma per il resto basta. Si tenga pronto per l'istanza di nulla osta per la traslazione della salma a Palermo'.", riferisce l'avvocato, che sottolinea: "Contrada ha deciso di lasciarsi morire".
"Contrada - conclude Lipera - mi ha consegnato un biglietto che domani qualcuno dovrà leggere al convegno a Napoli sulla giustizia dove si ricorderà Enzo Tortora il giorno del ventesimo anniversario della sua morte".
S.M.Capua Vetere, 17/5/2008

domenica 18 maggio 2008

DALLA CINA CON AMORE


Cina, poliziotta diventa un'eroina
Allatta otto neonati dopo terremoto

Una poliziotta cinese è diventata un'eroina dopo essersi offerta di allattare otto neonati che, dopo il terremoto di lunedì, rischiavano di morire di fame. La giovane, che ha un figlio, sta prendendosi cura dei bebè: tre sono figli di mamme sfollate che hanno perso il latte per il trauma subito, gli altri cinque sono orfani che provengono da una struttura sprovvista di latte in polvere

sabato 17 maggio 2008

COME SI CREA UN MOSTRO E SI UCCIDE UN UOMO


Il 18 maggio ricorre l’anniversario della morte del noto conduttore radiotelevisivo e giornalista Enzo Tortora il cui percorso è piuttosto tortuoso. La sua immagine si è trasformata nel giro di una notte da quella di amato personaggio dello spettacolo a quella di delinquente a causa dell’infamante ed infondata accusa scagliatagli contro da alcuni pentiti ed avallata da un terribile sbaglio giudiziario.

(cliccare sul titolo)

venerdì 16 maggio 2008

Carpe diem quam minimum credula postero


Per scoprire il valore di un anno,
chiedilo ad uno studente che è stato bocciato all'esame finale.

Per scoprire il valore di un mese,
chiedilo ad una madre che ha messo al mondo un bambino troppo presto.

Per scoprire il valore di una settimana,
chiedilo all'editore di una rivista settimanale.

Per scoprire il valore di un'ora,
chiedilo agli innamorati che stanno aspettando di vedersi.

Per scoprire il valore di un minuto,
chiedilo a qualcuno che ha appena perso il treno, il bus o l'aereo.

Per scoprire il valore di un secondo,
chiedilo a qualcuno che è sopravvissuto a un incidente.

Per scoprire il valore di un millisecondo,
chiedilo ad un atleta che alle Olimpiadi ha vinto la medaglia d'argento.

Il tempo non aspetta nessuno.

Raccogli ogni momento che ti rimane, perché ha un grande valore.

DA CORRISPONDENZA ROMANA

Benedetto XVI parla chiaro sull’aborto

Fonte: FattiSentire.net inserito il: 2008-05-16 07:06:23

di Andrea Tornielli

Roma - La legge 194, che dal 1978 ha legalizzato l’aborto in Italia, «non ha risolto i problemi», ma ha aperto un’ulteriore «ferita nelle nostre società». È inequivocabile il giudizio contenuto nel discorso che Benedetto XVI ha rivolto ieri mattina in Vaticano ai delegati del Movimento per la vita. Parole che hanno innescato una lunga serie di reazioni politiche.

Parlando degli «effetti umani e sociali che la legge ha prodotto nella comunità civile e cristiana durante questo periodo», Ratzinger ha osservato: «non si può non riconoscere che difendere la vita umana è diventato oggi praticamente più difficile, perché si è creata una mentalità di progressivo svilimento del suo valore, affidato al giudizio del singolo. Come conseguenza ne è derivato un minor rispetto per la stessa persona umana, valore questo che sta alla base di ogni civile convivenza, al di là della fede che si professa». Benedetto XVI non si è nascosto la complessità del problema e le «cause che conducono a decisioni dolorose come l’aborto», spiegando che la Chiesa «stimola a promuovere ogni iniziativa a sostegno delle donne e delle famiglie per creare condizioni favorevoli all’accoglienza della vita».

«L’aver permesso di ricorrere all’interruzione della gravidanza – ha aggiunto il Pontefice – non solo non ha risolto i problemi che affliggono molte donne e non pochi nuclei familiari, ma ha aperto una ulteriore ferita nelle nostre società, già purtroppo gravate da profonde sofferenze». Un giudizio in netta controtendenza rispetto a coloro che hanno considerato e considerano la legge 194 una necessità.

Benedetto XVI ha continuato ricordando che «diversi problemi continuano ad attanagliare la società odierna, impedendo di dare spazio al desiderio di tanti giovani di sposarsi e formare una famiglia per le condizioni sfavorevoli in cui vivono». «La mancanza di lavoro sicuro – ha detto –, legislazioni spesso carenti in materia di tutela della maternità, l’impossibilità di assicurare un sostentamento adeguato ai figli, sono alcuni degli impedimenti che sembrano soffocare l’esigenza dell’amore fecondo, mentre aprono le porte a un crescente senso di sfiducia nel futuro».
Da qui l’invito a «unire gli sforzi» perché le diverse istituzioni «pongano di nuovo al centro della loro azione la difesa della vita umana e l’attenzione prioritaria alla famiglia, nel cui alveo la vita nasce e si sviluppa», e aiutino «con ogni strumento legislativo la famiglia per facilitare la sua formazione e la sua opera educativa».
Ratzinger benedice le attività del Movimento, come i centri di aiuto alla vita, «per evitare l’aborto anche in caso di gravidanze difficili, operando nel contempo sul piano dell’educazione, della cultura e del dibattito politico»; afferma la necessità di «testimoniare in maniera concreta che il rispetto della vita è la prima giustizia da applicare» e appoggia la petizione rivolta al Parlamento Europeo, «nella quale affermate i valori fondamentali del diritto alla vita fin dal concepimento, della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, del diritto di ogni essere umano concepito a nascere e ad essere educato in una famiglia di genitori».

Il leader radicale Marco Pannella ha definito un’«offesa allo Stato democratico» il discorso del Papa, l’ex ministro Livia Turco ritiene le parole di Ratzinger «non giustificate dai dati». Il neo ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, è d’accordo col Pontefice, «la cultura della vita è stata svilita ma il problema non è discutere la 194». La soluzione? «Una normativa a favore della famiglia che incentivi le nascite e a favore delle donne affinché rinuncino ad abortire»

domenica 11 maggio 2008

venerdì 2 maggio 2008

CHE NE DICI DUEPASSI ?

Parsifahl
Carburanti alternativi. Un visionario ed una proposta complessa. Discutiamone 02/05/2008 14:11
Come promesso in un precedente post, rieccomi qui con una nuova mia lunga elucubrazione, questa volta dedicata al tema: CARBURANTI ALTERNATIVI.

Per chi non ha letto il mio precedente post

http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_joomlaboard&Itemid=30&func=view&id=377345&catid=3&limit=15&limitstart=15 target="_blank"> http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_joomlaboard&Itemid=30&func=view&id=377345&catid=3&limit=15&limitstart=15

ricordo che parlavo della possibilità di utilizzare biocarburanti in sostituzione completa dei carburanti derivati fossili e ribadivo di portare dati efficaci e non solo una mia personale teoria.

Premetto che sono diversi giorni che faccio ricerche su internet, ma non riesco a trovare informazioni attendibili e quantificazioni certe sui dati relativi all'import di petrolio. L'unico dato che risulta rindondante è che l'Italia deve importare l'85% di "ENERGIA" dall'estero, in quanto l'autosufficienza, in tema di produzione energetica, è pari solo al restante 15%, valore formato da diversi elementi, quali: estrazione locale del petrolio, produzione tramite centrali idroelettriche, eoliche, etc.
Inizialmente volevo creare una tabella di comparazione, tra la resa energetica del petrolio e la produzione agricola di oleaginose e relativa resa energetica, che avrebbe dovuto riportare i seguenti dati:
- Quantitativo di petrolio importato e relativa resa in termini energetici;
- Produzione minima in tonnellate, ottenibile da un ettaro di terreno coltivato con la peggiore oleaginosa conosciuta sul territorio Italiano (quindi media della produttività);
- Produzione utile ottenibile da un ettaro di terreno di olio trasformabile in bio-carburante;
- Resa, in termini energetici e comparati con la resa del petrolio, del bio-carburante.
- Totale ettari di terreno non coltivato in Italia;
- Totale ettari di terreno coltivati in Italia;
- Totale ettari di terreno coltivati con produzione non necessaria (o di beni agricoli facilmente importabili);

Da questa tabella, avrei dovuto ricavare il totale degli ettari utili per la coltivazione delle oleaginose e tali da andare a coprire la resa energetica ottenuta dalla stessa quantità di petrolio importato.
A questi dati in uscita dalla tabella, ne avrei realizzata una seconda, andando a sostituire il confronto dei costi e quindi dei relativi benefici economici (se presenti) ottenuti dalla conversione del sistema di produzione energetico, dal petrolio al bio-carburante.
Preciso che i dati avrebbero potuto anche far emergere l'impossibilità della copertura, in termini di produttività agricola, da parte delle oleaginose rispetto al quantitativo importato del petrolio, ma di tale ipotesi ho già un'alternativa che proporrò in un altro post.

Anche non avendo i dati di cui sopra ho deciso di aprire il topic, questo sia per cercare qualche volontario che, interessato alla mia balzana idea, sia disposto a collaborare con me nella ricerca dei dati per generare la tabella/e di cui sopra, ma anche per verificare se tutto ciò che sto scrivendo sia improponibile, non tanto comparando le singole opinioni personali (filosofiche o idealistiche), ma eventualmente, se qualche lettore abbia già provveduto a fare queste analisi, possibilmente in maniera approfondita.

A parte gli indicatori che mancano e che non riesco a trovare, intendo comunque, anche se solo a livello teorico, illustrare la mia idea, che direi è abbastanza complessa, ma che forse, vale la pena analizzarla.

Parto da tre assunti che sono fondamentali e forse già essi, da soli, sufficienti a dimostrare che questa mia idea non è poi tanto balzana.

Assunto 1: Le riserve di petrolio, prima o poi si esauriranno (se avverrà fra 10 o fra 100 anni, ciò non è determinante nell'utilità dell'intera argomentazione che sto proponendo, ma al massimo può solo far aumentare in maniera negativa alcuni dati, tipo il costo dell'energia, destabilizzazioni politiche locali ed internazionali, inquinamento);
Assunto 2: L'energia nucleare (sia fissione che fusione) avrà sempre dei problemi legati alla sicurezza ed allo smaltimento delle scorie (preciso che gli studi sulla fusione sono ancora agli inizi, vedi progetto ITER) e rimarrebbe solo come ultima spiaggia quale soluzione per la produzione di energia (e tra l'altro ne rimarrebbe fuori una fetta importante legata a quella utilizzata dai mezzi di trasporto).
Assunto 3: Le energie alternative (solare, eolico, idrogeno, etc,) non sono sufficienti o adatte a sopperire le esigenze, soprattutto quelle industriali, in quanto esistono limiti fisici insuperabili.

Detto ciò, faccio una breve considerazione sullo stato attuale delle risorse energetiche, per poi passare alla descrizione della mia idea.
"... Il prezzo del petrolio continua ad aumentare ed ormai ha acquisito un'accelerazione che presto parleremo di 200$ al barile. Ogni anno nel mondo vengono estratti circa 3 miliardi e mezzo di tonnellate di petrolio greggio, dalle sabbie del deserto, dai ghiacci dell'Alaska, dalle giungle del sud-est asiatico o dell'Africa, dal fondo del mare in cui il petrolio viene raggiunto con trivelle sempre più sofisticate e che comportano crescenti costi di ricerca, estrazione, trasporto, raffinazione.
Da tempo sono state identificate varie soluzioni possibili per ottenere dei carburanti per autoveicoli utili alla movimentazione delle merci e che assorbono quasi la metà dei consumi mondiali di petrolio. Il motore a scoppio, quello delle automobili e dei camion, è stato inventato dai fisici italiani Barsanti e Matteucci nel 1854, quando la benzina era sconosciuta. Funzionava allora con gas e liquidi derivati dal carbon fossile; quando hanno cominciato a funzionare le prime raffinerie di petrolio non è sembrato vero ai petrolieri smaltire i prodotti raffinati (quelli che oggi chiamiamo benzine e gasolio) come carburanti per motori a scoppio. E l'industria automobilistica è cresciuta, nell'America, paese del petrolio, fabbricando motori adatti proprio per consumare tali prodotti petroliferi. Ma varie volte nella storia (durante le guerre, nei periodi di autarchia, durante le crisi petrolifere) sono stati utilizzati carburanti diversi dalla benzina ed ogni volta, davanti al pericolo di una concorrenza, le compagnie petrolifere hanno fatto in modo di relegare le alternative nei cassetti. Per restare al caso della benzina, ai prezzi attuali della benzina sarebbe già economicamente conveniente utilizzare alcol etilico ricavato da prodotti e sottoprodotti agricoli, oppure derivati dei grassi naturali, adatti come sostituti del gasolio. Una parte dei soldi che lo stato spende per consentire agli italiani di continuare a consumare "più benzina", dipendendo di più dalle costose importazioni di petrolio, potrebbe essere dirottata a incentivare la trasformazione di prodotti e sottoprodotti agricoli in carburanti, creando occupazione nelle zone arretrate agricole italiane. Col vantaggio di un minore inquinamento atmosferico e dell'uso di risorse naturali rinnovabili.
Carburanti per autoveicoli possono essere ottenuti dalla gassificazione e idrogenazione del carbone, di cui esistono nel mondo riserve 50 volte più abbondanti di quelle del petrolio; anche in questo caso in passato, per decenni, è stata prodotta benzina "sintetica" dal carbone. Le tecniche di trasformazione del carbone in benzina sintetica sono notissime, sono state continuamente perfezionate in questi anni, sono state tenute intenzionalmente da parte per non disturbare le multinazionali del petrolio. E' possibile riprogettare i motori a scoppio in modo che consumino meno carburante.
Una "benzina alternativa" (la ricetta che consentirebbe di spendere meno denaro per importare petrolio, che farebbe diminuire l'inquinamento e la congestione del traffico automobilistico nelle città) sarebbe rappresentata dalla "diminuzione" dei consumi di benzina e gasolio, da una coraggiosa "diminuzione" dell'uso e abuso dell'automobile privata, dal potenziamento e miglioramento dei trasporti collettivi, che consentono alle persone di percorrere la stessa strada con minore consumo di carburanti petroliferi, dal trasporto per ferrovia o via mare delle merci oggi trasportate su camion..."
Tale "ricetta", a mio giudizio, rimane una semplice utopia, in quanto la società moderna si deve confrontare con esigenze plurali e soprattutto, con tempi di risposta immediata. Inoltre, se si sposta il trasporto dall'auto privata al mezzo pubblico, una parte dell'energia deve essere ugualmente prodotta, non più dai motori delle singole automobili bensì da strutture atte a generare energia pubblica e quindi la diminuzione sarebbe relativamente poca. Ma tornando all'oggetto del mio post, ricordo a me stesso che ".... l'agricoltura è l'attività produttiva primaria, non solo a parole. Nella sola Italia la massa di prodotti agricoli e zootecnici supera i 70~100 milioni di tonnellate all'anno. Il vanto che in Italia solo una piccola frazione dei lavoratori è impegnato in agricoltura è pagato dalla collettività nazionale con l'obbligo di importare milioni di tonnellate, ogni anno, di materie prime da trasformare (cereali, frutta, animali vivi, carne, legno, etc) e altrettanti milioni di tonnellate di prodotti confezionati, dalle conserve di pomodoro, alla frutta conservata, alla pasta alimentare, alle bevande alcoliche, e poi pasta da carta, carta, fibre tessili, ecc., per circa svariati milioni di euro. Gran parte di questi prodotti di importazione potrebbero essere ottenuti dalle attività agricole, forestali e zootecniche all'interno, aumentando l'occupazione, incentivando la permanenza di attività agricole sul territorio con effetti positivi sulla difesa del suolo...."
Ma se il ritorno all'agricoltura per la produzione di beni agricoli non è fattibile, sia per motivi culturali o per imposizioni a livello Europeo o di mercato, allora proviamo a verificare se è possibile rendere produttivi i terreni agricoli, cioè quelli a cui facevo riferimento all'inizio, e quindi i convertibili in produzione di oleaginose.
E' evidente che per arrivare a far ciò è impensabile proporre o imporre un cambiamento di mentalità o abitudini ai singoli cittadini. Anche un imprenditore coraggioso, non andrebbe mai ad investire i suoi soldini per aprire un'azienda agricola che produce mele, pomodori o fragole per poi arrivare a scontrasi con la Spagna, Olanda, Israele o addirittura Cina e soprattutto non arriverebbe mai a produrre "colza" per poi non avere un mercato efficace.
Forse ora potrei entrare in un vicolo cieco, dove la visione liberale di una nazione verrebbe messa in dubbio da un'azione statalista, però se si prova a fare uno sforzo e se si assegna il giusto ruolo ad ogni ente che andrà a comporre il puzzle, probabilmente si riesce a salvare capra e cavoli.

Un'oculata pianificazione, con un tempo di attuazione di circa 15 ~ 20 anni dovrebbe essere sufficiente e tale da rendere realizzabile la conversione del sistema di produzione energetico con l'uso esclusivo di biocarburanti al posto dei raffinati del petrolio.
Per arrivare a rendere fattibile ciò, occorre un coordinatore che abbia potere decisionale e soprattutto che possa mettere a disposizione il capitale (non solo economico, ma anche in termini di strutture e di risorse umane) e questo è lo STATO.
Solo lo STATO può assicurare alle industrie la certezza della vendita di automobili (o la conversione delle centrali energetiche) se impone la modifica del tipo di carburante primario utile alla produzione dell'energia. Automaticamente diventerebbero reali gli interessi di tutti, indistintamente, dai singoli cittadini, ai gruppi di gestione economica, fino ai grandi industriali.
Per STATO intendo anche la presenza di uno statista (o un gruppo di politici) che abbia il coraggio di andare contro tutto e tutti, a partire dalle forze contrapposte nazionali, passando per le pressioni delle grosse multinazionali fino all'opposizione diplomatica dei più grandi stati stranieri.
La creazione di un Ministero ad hoc, che potremmo chiamare dello "Sviluppo Eergetico", avrebbe il compito di coordinare diverse aree fondamentali ed indirizzare il loro operato in maniera da raggiungere l'unico scopo preposto, e cioè la conversione di tutto il Sistema Energetico nazionale, abbandonando, gradatamente l'uso dei derivati dal petrolio.
Il Ministero, in primis, dovrebbe dare mandato ad una o più università, per la realizzazione di studi appropriati nei vari settori che concorrono alla conversione dei sistemi di generazione dell'energia. Le Università, opererebbero non in maniera autonoma, come avviene attualmente, ma in collaborazione diretta con le industrie e le realtà locali, e tra l'altro, con gli sforzi singoli, tutti indirizzati verso un'unica meta e quindi un progetto comune.
Faccio un esempio semplice per comprendere meglio.
Attualmente una qualsiasi casa automobilistica ha al suo interno un suo staff che si interessa allo sviluppo tecnologico ed implementazione delle automobili che produce. La maggior parte degli studi vengono indirizzati sull'aspetto estetico o dell'aerodinamicità delle vetture e solo in parte vengono eseguiti degli approfondimenti sulla modifica sostanziale del motore, in quanto è un dato di fatto la dipendenza dei derivati dal petrolio e la loro distribuzione capillare in ambito nazionale ed internazionale destinata all'utente finale. Inoltre, le risorse umane che compongono lo staff vengono prese a caso e logicamente operano non in funzione della ricerca di nuove tecnologie (legate a nuovi carburanti), ma il perseguimento di obbiettivi strategici ed economici richiesti dalla proprietà, strettamente connessi alla commercializzazione delle autovetture. Nel momento in cui ad una struttura produttiva, che ha un know-how che parte da molto lontano e determinante per la specifica produzione, gli si affianca un numero elevato di ricercatori universitari e soprattutto, questi ultimi, sono legati ad un progetto che ha un sicuro futuro perchè sostenuto da una pianificazione statale, i vincoli economici e commerciali vanno a cadere o comunque sono perseguiti ugualmente, proprio perchè certi e non effimeri.
E' evidente che prima di coinvolgere le case automobilistiche, dovrebbe essere studiata e quindi attuata una pianificazione che arrivi a gestire al meglio i terreni agricoli e produttivi, procedendo con un'analisi della redditività (in termini agricoli) delle singole aree agricole e produttive nazionali, con uno studio tecnologico appropriato.
Anche in questo caso, le università (ad indirizzo agricolo) avrebbero un ruolo determinante, sia per lo studio connesso all'implementazione delle modifiche genetiche, volte al miglioramento della produzione e della produttività delle oleaginose (con una fava si prenderebbero due piccioni. Gli ecologisti non romperebbero più le scatole sugli studi della modifica genetica delle piante, viste che si farebbero per prodotti non rivolti all'uso umano, e gli scienziati non sarebbero più castrati dai noti motivi etici).
La conduzione dei terreni agricoli verrebbe assegnata ai singoli proprietari terrieri, in maniera autonoma, se capaci, oppure raccolti in consorzi o cooperative (con buona pace anche dei comunisti). I consorzi o le cooperative avrebbero il compito, importantissimo, finalizzato all'implementazione delle infrastrutture e la mera gestione operativa giornaliera, tenendo sempre presente che il tipo di produzione rimarrebbe vincolato alle indicazioni delle università (ad indirizzo agricolo) e del Ministero di riferimento.
La gestione economica (studio e modalità) dovrebbe scaturire sempre da un'accurata analisi delle università (ad indirizzo economico) e tali da evitare situazioni di spreco e tali da compensare sbilanciamenti economici tra le varie aree produttive (sussidiarietà).
Altri interventi strutturali comporterebbero sia la creazione di nuove strutture, atte alla raffinazione dell'olio in carburante e sia la sua distribuzione su tutto il territorio nazionale.

Preferisco non fare l'elenco degli effetti pratici, che a catena, porterebbero un nuovo positivo benessere a livello nazionale, a partire dalla diminuzione drastica della disoccupazione, ai benefici sulla diminuzione del costo della vita, per non parlare del risvolto ambientale in tema di inquinamento.

Se il presente post sarà oggetto di attenzione e discussione, procederò con due ulteriori esposizioni di analisi ai problemi connessi e legati ai rapporti con gli altri stati (spostamento, nel territorio nazionale, dei mezzi stranieri non dotati di motori convertiti e gestione degli scambi commerciali dei carburanti con gli altri stati) e, come detto in precedenza, parlerò della soluzione legata al mancato raggiungimento della produzione di oleaginose utile a coprire il fabbisogno nazionale di carburante.

Bye

giovedì 1 maggio 2008

Colpo di coda di Livia Turco

La legge 40 sulla cosiddetta procreazione assistita è stata votata da un Parlamento, organo legislativo, e confermata da un referendum, ragion per cui potrebbe legittimamente essere modificata soltanto tramite un altro referendum.
Ciononostante, il ministro Livia Turco, ancora in carica prima dell'insediamento del nuovo governo, ha firmato un decreto che modifica l'applicazione della legge in questione, ovvero di fatto cambi la legge stessa non giuridicamente ma nella sua realtà concreta, sebbene simile autorità non spetti in alcun modo ad un organo dell'esecutivo.
L'accaduto è tanto più grave se si tiene conto che il ministro Turco appartiene :
-ad un governo sfiduciato
-della passata legislatura
-di una ex maggioranza parlamentare, nettamente sconfitta alle elezioni politiche
Oltre all'auspicio che il nuovo ministro della Sanità del governo Berlusconi, legittimamente in carica, ripristini la legalità e riporti la legge 40 all'applicazione sanzionata dal Parlamento e dalla volontà referendaria, si può osservare come Livia Turco, sino all'ultimo (il decreto è stato firmato il giorno in cui Fini è stato nominato presidente della Camera, con il nuovo Parlamento già insediato!) prosegua nella sua attività demolitrice.
E' persino difficile dare un giudizio e definire l'operato di questo personaggio, e scegliere se parlare d'arroganza tracotante, o disprezzo della volontà popolare e delle stesse norme costituzionali, oppure di fanatismo.
Comunque, un insegnamento da questo fatto si può trarre: finché la Sinistra conserverà anche solo una porzione minima di potere, la adopererà in ogni modo, passando sopra tutto e tutti. Questa parte politica, sbaragliata alle ultime elezioni, s'annida però ovunque nei gangli dello Stato e della società, poiché magistratura, pubblica amministrazione, RAI sono bastioni del "progressismo", e pronti ad ostacolare in ogni modo coloro che considerano "nemici". Purtroppo, avere la maggioranza in Parlamento e sedere al Governo non è sufficiente per governare.