venerdì 2 maggio 2008

CHE NE DICI DUEPASSI ?

Parsifahl
Carburanti alternativi. Un visionario ed una proposta complessa. Discutiamone 02/05/2008 14:11
Come promesso in un precedente post, rieccomi qui con una nuova mia lunga elucubrazione, questa volta dedicata al tema: CARBURANTI ALTERNATIVI.

Per chi non ha letto il mio precedente post

http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_joomlaboard&Itemid=30&func=view&id=377345&catid=3&limit=15&limitstart=15 target="_blank"> http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_joomlaboard&Itemid=30&func=view&id=377345&catid=3&limit=15&limitstart=15

ricordo che parlavo della possibilità di utilizzare biocarburanti in sostituzione completa dei carburanti derivati fossili e ribadivo di portare dati efficaci e non solo una mia personale teoria.

Premetto che sono diversi giorni che faccio ricerche su internet, ma non riesco a trovare informazioni attendibili e quantificazioni certe sui dati relativi all'import di petrolio. L'unico dato che risulta rindondante è che l'Italia deve importare l'85% di "ENERGIA" dall'estero, in quanto l'autosufficienza, in tema di produzione energetica, è pari solo al restante 15%, valore formato da diversi elementi, quali: estrazione locale del petrolio, produzione tramite centrali idroelettriche, eoliche, etc.
Inizialmente volevo creare una tabella di comparazione, tra la resa energetica del petrolio e la produzione agricola di oleaginose e relativa resa energetica, che avrebbe dovuto riportare i seguenti dati:
- Quantitativo di petrolio importato e relativa resa in termini energetici;
- Produzione minima in tonnellate, ottenibile da un ettaro di terreno coltivato con la peggiore oleaginosa conosciuta sul territorio Italiano (quindi media della produttività);
- Produzione utile ottenibile da un ettaro di terreno di olio trasformabile in bio-carburante;
- Resa, in termini energetici e comparati con la resa del petrolio, del bio-carburante.
- Totale ettari di terreno non coltivato in Italia;
- Totale ettari di terreno coltivati in Italia;
- Totale ettari di terreno coltivati con produzione non necessaria (o di beni agricoli facilmente importabili);

Da questa tabella, avrei dovuto ricavare il totale degli ettari utili per la coltivazione delle oleaginose e tali da andare a coprire la resa energetica ottenuta dalla stessa quantità di petrolio importato.
A questi dati in uscita dalla tabella, ne avrei realizzata una seconda, andando a sostituire il confronto dei costi e quindi dei relativi benefici economici (se presenti) ottenuti dalla conversione del sistema di produzione energetico, dal petrolio al bio-carburante.
Preciso che i dati avrebbero potuto anche far emergere l'impossibilità della copertura, in termini di produttività agricola, da parte delle oleaginose rispetto al quantitativo importato del petrolio, ma di tale ipotesi ho già un'alternativa che proporrò in un altro post.

Anche non avendo i dati di cui sopra ho deciso di aprire il topic, questo sia per cercare qualche volontario che, interessato alla mia balzana idea, sia disposto a collaborare con me nella ricerca dei dati per generare la tabella/e di cui sopra, ma anche per verificare se tutto ciò che sto scrivendo sia improponibile, non tanto comparando le singole opinioni personali (filosofiche o idealistiche), ma eventualmente, se qualche lettore abbia già provveduto a fare queste analisi, possibilmente in maniera approfondita.

A parte gli indicatori che mancano e che non riesco a trovare, intendo comunque, anche se solo a livello teorico, illustrare la mia idea, che direi è abbastanza complessa, ma che forse, vale la pena analizzarla.

Parto da tre assunti che sono fondamentali e forse già essi, da soli, sufficienti a dimostrare che questa mia idea non è poi tanto balzana.

Assunto 1: Le riserve di petrolio, prima o poi si esauriranno (se avverrà fra 10 o fra 100 anni, ciò non è determinante nell'utilità dell'intera argomentazione che sto proponendo, ma al massimo può solo far aumentare in maniera negativa alcuni dati, tipo il costo dell'energia, destabilizzazioni politiche locali ed internazionali, inquinamento);
Assunto 2: L'energia nucleare (sia fissione che fusione) avrà sempre dei problemi legati alla sicurezza ed allo smaltimento delle scorie (preciso che gli studi sulla fusione sono ancora agli inizi, vedi progetto ITER) e rimarrebbe solo come ultima spiaggia quale soluzione per la produzione di energia (e tra l'altro ne rimarrebbe fuori una fetta importante legata a quella utilizzata dai mezzi di trasporto).
Assunto 3: Le energie alternative (solare, eolico, idrogeno, etc,) non sono sufficienti o adatte a sopperire le esigenze, soprattutto quelle industriali, in quanto esistono limiti fisici insuperabili.

Detto ciò, faccio una breve considerazione sullo stato attuale delle risorse energetiche, per poi passare alla descrizione della mia idea.
"... Il prezzo del petrolio continua ad aumentare ed ormai ha acquisito un'accelerazione che presto parleremo di 200$ al barile. Ogni anno nel mondo vengono estratti circa 3 miliardi e mezzo di tonnellate di petrolio greggio, dalle sabbie del deserto, dai ghiacci dell'Alaska, dalle giungle del sud-est asiatico o dell'Africa, dal fondo del mare in cui il petrolio viene raggiunto con trivelle sempre più sofisticate e che comportano crescenti costi di ricerca, estrazione, trasporto, raffinazione.
Da tempo sono state identificate varie soluzioni possibili per ottenere dei carburanti per autoveicoli utili alla movimentazione delle merci e che assorbono quasi la metà dei consumi mondiali di petrolio. Il motore a scoppio, quello delle automobili e dei camion, è stato inventato dai fisici italiani Barsanti e Matteucci nel 1854, quando la benzina era sconosciuta. Funzionava allora con gas e liquidi derivati dal carbon fossile; quando hanno cominciato a funzionare le prime raffinerie di petrolio non è sembrato vero ai petrolieri smaltire i prodotti raffinati (quelli che oggi chiamiamo benzine e gasolio) come carburanti per motori a scoppio. E l'industria automobilistica è cresciuta, nell'America, paese del petrolio, fabbricando motori adatti proprio per consumare tali prodotti petroliferi. Ma varie volte nella storia (durante le guerre, nei periodi di autarchia, durante le crisi petrolifere) sono stati utilizzati carburanti diversi dalla benzina ed ogni volta, davanti al pericolo di una concorrenza, le compagnie petrolifere hanno fatto in modo di relegare le alternative nei cassetti. Per restare al caso della benzina, ai prezzi attuali della benzina sarebbe già economicamente conveniente utilizzare alcol etilico ricavato da prodotti e sottoprodotti agricoli, oppure derivati dei grassi naturali, adatti come sostituti del gasolio. Una parte dei soldi che lo stato spende per consentire agli italiani di continuare a consumare "più benzina", dipendendo di più dalle costose importazioni di petrolio, potrebbe essere dirottata a incentivare la trasformazione di prodotti e sottoprodotti agricoli in carburanti, creando occupazione nelle zone arretrate agricole italiane. Col vantaggio di un minore inquinamento atmosferico e dell'uso di risorse naturali rinnovabili.
Carburanti per autoveicoli possono essere ottenuti dalla gassificazione e idrogenazione del carbone, di cui esistono nel mondo riserve 50 volte più abbondanti di quelle del petrolio; anche in questo caso in passato, per decenni, è stata prodotta benzina "sintetica" dal carbone. Le tecniche di trasformazione del carbone in benzina sintetica sono notissime, sono state continuamente perfezionate in questi anni, sono state tenute intenzionalmente da parte per non disturbare le multinazionali del petrolio. E' possibile riprogettare i motori a scoppio in modo che consumino meno carburante.
Una "benzina alternativa" (la ricetta che consentirebbe di spendere meno denaro per importare petrolio, che farebbe diminuire l'inquinamento e la congestione del traffico automobilistico nelle città) sarebbe rappresentata dalla "diminuzione" dei consumi di benzina e gasolio, da una coraggiosa "diminuzione" dell'uso e abuso dell'automobile privata, dal potenziamento e miglioramento dei trasporti collettivi, che consentono alle persone di percorrere la stessa strada con minore consumo di carburanti petroliferi, dal trasporto per ferrovia o via mare delle merci oggi trasportate su camion..."
Tale "ricetta", a mio giudizio, rimane una semplice utopia, in quanto la società moderna si deve confrontare con esigenze plurali e soprattutto, con tempi di risposta immediata. Inoltre, se si sposta il trasporto dall'auto privata al mezzo pubblico, una parte dell'energia deve essere ugualmente prodotta, non più dai motori delle singole automobili bensì da strutture atte a generare energia pubblica e quindi la diminuzione sarebbe relativamente poca. Ma tornando all'oggetto del mio post, ricordo a me stesso che ".... l'agricoltura è l'attività produttiva primaria, non solo a parole. Nella sola Italia la massa di prodotti agricoli e zootecnici supera i 70~100 milioni di tonnellate all'anno. Il vanto che in Italia solo una piccola frazione dei lavoratori è impegnato in agricoltura è pagato dalla collettività nazionale con l'obbligo di importare milioni di tonnellate, ogni anno, di materie prime da trasformare (cereali, frutta, animali vivi, carne, legno, etc) e altrettanti milioni di tonnellate di prodotti confezionati, dalle conserve di pomodoro, alla frutta conservata, alla pasta alimentare, alle bevande alcoliche, e poi pasta da carta, carta, fibre tessili, ecc., per circa svariati milioni di euro. Gran parte di questi prodotti di importazione potrebbero essere ottenuti dalle attività agricole, forestali e zootecniche all'interno, aumentando l'occupazione, incentivando la permanenza di attività agricole sul territorio con effetti positivi sulla difesa del suolo...."
Ma se il ritorno all'agricoltura per la produzione di beni agricoli non è fattibile, sia per motivi culturali o per imposizioni a livello Europeo o di mercato, allora proviamo a verificare se è possibile rendere produttivi i terreni agricoli, cioè quelli a cui facevo riferimento all'inizio, e quindi i convertibili in produzione di oleaginose.
E' evidente che per arrivare a far ciò è impensabile proporre o imporre un cambiamento di mentalità o abitudini ai singoli cittadini. Anche un imprenditore coraggioso, non andrebbe mai ad investire i suoi soldini per aprire un'azienda agricola che produce mele, pomodori o fragole per poi arrivare a scontrasi con la Spagna, Olanda, Israele o addirittura Cina e soprattutto non arriverebbe mai a produrre "colza" per poi non avere un mercato efficace.
Forse ora potrei entrare in un vicolo cieco, dove la visione liberale di una nazione verrebbe messa in dubbio da un'azione statalista, però se si prova a fare uno sforzo e se si assegna il giusto ruolo ad ogni ente che andrà a comporre il puzzle, probabilmente si riesce a salvare capra e cavoli.

Un'oculata pianificazione, con un tempo di attuazione di circa 15 ~ 20 anni dovrebbe essere sufficiente e tale da rendere realizzabile la conversione del sistema di produzione energetico con l'uso esclusivo di biocarburanti al posto dei raffinati del petrolio.
Per arrivare a rendere fattibile ciò, occorre un coordinatore che abbia potere decisionale e soprattutto che possa mettere a disposizione il capitale (non solo economico, ma anche in termini di strutture e di risorse umane) e questo è lo STATO.
Solo lo STATO può assicurare alle industrie la certezza della vendita di automobili (o la conversione delle centrali energetiche) se impone la modifica del tipo di carburante primario utile alla produzione dell'energia. Automaticamente diventerebbero reali gli interessi di tutti, indistintamente, dai singoli cittadini, ai gruppi di gestione economica, fino ai grandi industriali.
Per STATO intendo anche la presenza di uno statista (o un gruppo di politici) che abbia il coraggio di andare contro tutto e tutti, a partire dalle forze contrapposte nazionali, passando per le pressioni delle grosse multinazionali fino all'opposizione diplomatica dei più grandi stati stranieri.
La creazione di un Ministero ad hoc, che potremmo chiamare dello "Sviluppo Eergetico", avrebbe il compito di coordinare diverse aree fondamentali ed indirizzare il loro operato in maniera da raggiungere l'unico scopo preposto, e cioè la conversione di tutto il Sistema Energetico nazionale, abbandonando, gradatamente l'uso dei derivati dal petrolio.
Il Ministero, in primis, dovrebbe dare mandato ad una o più università, per la realizzazione di studi appropriati nei vari settori che concorrono alla conversione dei sistemi di generazione dell'energia. Le Università, opererebbero non in maniera autonoma, come avviene attualmente, ma in collaborazione diretta con le industrie e le realtà locali, e tra l'altro, con gli sforzi singoli, tutti indirizzati verso un'unica meta e quindi un progetto comune.
Faccio un esempio semplice per comprendere meglio.
Attualmente una qualsiasi casa automobilistica ha al suo interno un suo staff che si interessa allo sviluppo tecnologico ed implementazione delle automobili che produce. La maggior parte degli studi vengono indirizzati sull'aspetto estetico o dell'aerodinamicità delle vetture e solo in parte vengono eseguiti degli approfondimenti sulla modifica sostanziale del motore, in quanto è un dato di fatto la dipendenza dei derivati dal petrolio e la loro distribuzione capillare in ambito nazionale ed internazionale destinata all'utente finale. Inoltre, le risorse umane che compongono lo staff vengono prese a caso e logicamente operano non in funzione della ricerca di nuove tecnologie (legate a nuovi carburanti), ma il perseguimento di obbiettivi strategici ed economici richiesti dalla proprietà, strettamente connessi alla commercializzazione delle autovetture. Nel momento in cui ad una struttura produttiva, che ha un know-how che parte da molto lontano e determinante per la specifica produzione, gli si affianca un numero elevato di ricercatori universitari e soprattutto, questi ultimi, sono legati ad un progetto che ha un sicuro futuro perchè sostenuto da una pianificazione statale, i vincoli economici e commerciali vanno a cadere o comunque sono perseguiti ugualmente, proprio perchè certi e non effimeri.
E' evidente che prima di coinvolgere le case automobilistiche, dovrebbe essere studiata e quindi attuata una pianificazione che arrivi a gestire al meglio i terreni agricoli e produttivi, procedendo con un'analisi della redditività (in termini agricoli) delle singole aree agricole e produttive nazionali, con uno studio tecnologico appropriato.
Anche in questo caso, le università (ad indirizzo agricolo) avrebbero un ruolo determinante, sia per lo studio connesso all'implementazione delle modifiche genetiche, volte al miglioramento della produzione e della produttività delle oleaginose (con una fava si prenderebbero due piccioni. Gli ecologisti non romperebbero più le scatole sugli studi della modifica genetica delle piante, viste che si farebbero per prodotti non rivolti all'uso umano, e gli scienziati non sarebbero più castrati dai noti motivi etici).
La conduzione dei terreni agricoli verrebbe assegnata ai singoli proprietari terrieri, in maniera autonoma, se capaci, oppure raccolti in consorzi o cooperative (con buona pace anche dei comunisti). I consorzi o le cooperative avrebbero il compito, importantissimo, finalizzato all'implementazione delle infrastrutture e la mera gestione operativa giornaliera, tenendo sempre presente che il tipo di produzione rimarrebbe vincolato alle indicazioni delle università (ad indirizzo agricolo) e del Ministero di riferimento.
La gestione economica (studio e modalità) dovrebbe scaturire sempre da un'accurata analisi delle università (ad indirizzo economico) e tali da evitare situazioni di spreco e tali da compensare sbilanciamenti economici tra le varie aree produttive (sussidiarietà).
Altri interventi strutturali comporterebbero sia la creazione di nuove strutture, atte alla raffinazione dell'olio in carburante e sia la sua distribuzione su tutto il territorio nazionale.

Preferisco non fare l'elenco degli effetti pratici, che a catena, porterebbero un nuovo positivo benessere a livello nazionale, a partire dalla diminuzione drastica della disoccupazione, ai benefici sulla diminuzione del costo della vita, per non parlare del risvolto ambientale in tema di inquinamento.

Se il presente post sarà oggetto di attenzione e discussione, procederò con due ulteriori esposizioni di analisi ai problemi connessi e legati ai rapporti con gli altri stati (spostamento, nel territorio nazionale, dei mezzi stranieri non dotati di motori convertiti e gestione degli scambi commerciali dei carburanti con gli altri stati) e, come detto in precedenza, parlerò della soluzione legata al mancato raggiungimento della produzione di oleaginose utile a coprire il fabbisogno nazionale di carburante.

Bye

4 commenti:

duepassi ha detto...

Caro amico,
la tua idea è interessante, ma ci sono forti motivazioni contrarie ad essa, soprattutto da parte dei Paesi del Terzo Mondo, che stanno soffrendo un momento di grandi problemi per l'aumento dei prezzi del cibo, e per la difficoltà di procurarsene, e non vedono di buon grado che la ricca e sazia Europa consumi cibo come carburante, o, che è lo stesso, dedichi coltivazioni agricole a produrre carburante invece di cibo.
Personalmente non credo che la produzione agricola possa fornire una percentuale accetabile di produzione di energia (ma su questo punto sono aperto a discutere qualsiasi dato, perché non ne ho di miei - ma ho letto che per produrre l'energia necessaria al nostro Paese servirebbe coltivare un'area di mezzo milione di km quadrati, quasi il doppio dell'estensione dell'Italia, senza tener conto che solo una certa percentuale è coltivabile).
Quindi, mi pare di capire che per produrre una percentuale "sensibile" di energia bisognerebbe sottrarre cibo ad un mondo già molto affamato, e non mi sembra il caso.
Non vedo perciò quest'idea come risolutiva per il problema energetico.
La via da percorrere, mi sembra, è quella del nucleare, e magari del carbone non inquinante.
L'aumento del costo del petrolio rende ogni altra via più appetibile, e questo è un bene, perché chi è sazio non usa il cervello.
E' la fame ad aguzzare l'ingegno, e quindi penso che i produttori di petrolio stanno tirando una corda, che potrebbe spezzarsi, e spero che lo farà.
Nel senso che si useranno fonti di energia alternative al petrolio.
Più sono alti i prezzi del petrolio, più diventa conveniente usare altre fonti.... è elementare.
Tutto ciò è l'ennesima riprova del danno immenso che ci ha fatto l'ambientalismo, con il NO sconsiderato al nucleare, che ha danneggiato la SOLA Italia.
Sospetto da tempo che l'intera manovra sia stata pilotata da fuori, dagli stessi burattinai che ora ci vendono l'energia prodotta col loro nucleare ad alto prezzo.

Il problema delle scorie è destinato a soluzione, o mediante processi che ne producano meno, o, addirittura, non ne producano di radioattive, e con altri sistemi.

Viviamo in un mondo in rapida evoluzione.
Quando ero ragazzo non pensavo che avrei posseduto un computer, un I-pod con migliaia di brani, che ascolto passeggiando per la mia città, e di potermi far guidare da un satellite nel raggiungere una destinazione sconosciuta, o nel tornare a casa, e che avrei potuto parlare in diretta con persone in ogni parte del mondo, tanto per fare qualche esempio.

In un futuro che potrebbe non essere così lontano come pensiamo, i problemi di energia saranno risolti (ce lo garantisce l'equazione di Einstein, e la disponibilità immensa di materia nell'Universo, anche limitandoci a quello raggiungibile).

In ogni cosa c'è un poco ed un troppo.
Risparmiare va bene, ma senza diventare dei fanatici del risparmio (= ottusi avari), né degli spreconi.
L'aumento di richieste energetiche è inevitabile, e non è il male assoluto.

Pensa che si sono inventati l'"impronta ecologica", una perversione parascientifica che premia chi vegeta sul pianeta, meglio se prendendo abitudini da neolitici, e mortifica ogni consumo enbergetico, come se il problema massimo del pianeta fosse risparmiare energia.
Non è così, per fortuna.

Per tornare all'argomento principale, direi che si possa produrre carburante da biomasse, dal punto di vista etico - con i problemi della fame nel mondo - a patto di non destinare terreni a questo uso, e di non destinare prodotti agricoli destinabili a cibo, ma solo biomasse di scarto.
In una produzione agricola, non tutto ciò che si produce è cibo.
La parte restante potrebbe essere utilizzata.

Secondo me.

Parsifahl ha detto...

Ringrazio sentitamente la gentilissima signora Ambra (ambrarosa) per aver dato tanta importanza al mio post e ringrazio te, gentilissimo sig. Duepassi per il commento alla mia lunga elucubrazione.

Colgo l'occasione per chiarire alcune cose, che ritengo opportune per decidere se continuare a discutere o meno dell'argomento in oggetto.

Sono un tecnico, quindi abituato a parlare con dati alla mano.
Sono un agnostico razionalista, quindi, affinchè mi convinca che un teorema sia valido, uso mettere in dubbio tutto, anche me stesso e le mie convinzioni.
Di dogmi ne ho pochi e probabilmente risiedono in punti remoti e lontanissimi dal pianeta Terra.
Ho preferito fare questa precisazione, in quanto nel mio post ho premesso che i dati non li ho trovati, ma ho detto una mezza bugia ed una mezza verità.
Se hai letto altri topic dove si mette in discussione quanto scritto e dichiarato (oltre che riproposto in una specie di documentario/farsa) dall'esimio Gore, immaginati se quanto dichiarato da quelli che tu chiami "Paesi del Terzo Mondo" possa esser vero o attendibile (siano, appunto, agenzie governative o non).
Ti dico che ho parlato di mezza verità, in quanto basta che tu vada su Wikipedia, ed alla voce Carburanti alternativi, troverai più o meno le stesse motivazioni per cui la conversione di terreni agricoli destinati alla produzione di beni alimentari non è "possibile" o "conveniente".
Mi dispiace, ma non sono daccordo, non tanto sul fatto che possa essere vero o meno questa posizione, ma soprattutto per il fatto che a me non piace dare giudizi senza avere dati confutabili.
Anche il valore "mezzo milione di km quadrati" è un dato che non regge.
Senza far ricorso ai miei vecchi studi di "agronomia", posso dirti che anche facendo un ragionamento semplicissimo basato sull'esperienza generica e quotidiana, sai perfettamente che la resa di una coltivazione non dipende solo dall'estensione del terreno utilizzato, ma anche da altri fattori. In un campo di un ettaro, posso coltivare del mais, ed ottenere una resa (in termini di "frutto pendente") minore o superiore (anche di 2 o 3 volte) in funzione della "specie/famiglia" e della "concimazione", per non parlare poi della resa specifica del "frutto pendente".
Se nel mio post parlavo di studi di settore da parte delle "università", mi riferivo proprio a questo elemento, che sottoposto alla giusta attenzione diventerebbe secondario.
E' evidente che se in un terreno vado a coltivare una qualsiasi pianta oleaginosa che non abbia nulla di particolare, il mio calcolo di resa dei "frutti pendenti" sarà relativo a ciò che si produce oggi. Ma se modifico geneticamente la pianta (visto che non ho problemi "morali" o dubbi su eventuali danni agli esseri viventi, vista la destinazione a trasformazione in careburante) i calcoli, probabilmente potrebbero far emergere sorprese che neanche immagini.

Ma anche volendo rimanere legato alla tua affermazione, come avrai letto nel mio post, anche io parlavo del problema legato alla eventuale mancata possibilità di soddisfare il fabbisogno nazionale ed a questo punto posso parlartene, visto che il tema è stato aperto.
Se l'Italia è piccola, l'Africa certamente non lo è.
Se ti dicessi che per me le frontiere non esistono e sono solo linee immaginarie costruite nella testa bacata di alcuni esseri umani ?
Non voglio emulare Lennon e la sua canzone "Immagine", però chi vieta ad un governo con gli "attributi" di fare accordi internazionali con qualche stato Africano.
Invece di portare aiuti umanitari, che servono solo a risolvere emergenze; invece di esportare "servizi" legati ad attività belliche, perchè non esportiamo tecnologia rurale?
Certamente se ora avessi come controparte un "comunista" la prima cosa che mi sentirei dire: "... ecco un novello Mussolini che vuole andare a colonizzare la Libia..:".
Però, ritengo che tu non sia "comunista" e quindi, se provi a rompere gli schemi come sto facendo io, quanto da me citato, probabilmente potrebbe diventare fattibile. Non ti ho parlato a caso della Libia, in quanto avrai letto delle dichiarazioni del novello "Saladino", ma se è vero che vogliono che gli costruiamo un'autostrada, non vedo il perchè non si possano stringere rapporti molto più stretti e condividere la tecnologia e la cultura.

Caro Duepassi, perdonami se sarò stato un pò rude, ma sono decisamente annoiato e stufo di leggere e rileggere solo post pieni e zeppi di frasi demagogiche o frutto di rispettabilissime opinione, ma mai, e dico mai, accompagnate da "numeri".

Lo ribadisco, sperando di non essere noioso... il post l'ho scritto per invitare a costruire una tabella o più tabelle dove inserire dei dati oggettivi e soprattutto, i dati ricavati da fonti ufficiali, autonome e non soggette a modifiche o approssimazioni.

Se io conosco con precisione quanti sono gli ettari disponibili per coltivare una oleaginosa e se conosco la resa "in termini di frutti pendenti" per poi avere il valore finale in KWh, posso con assoluta certezza rispondere alla domanda iniziale.
Se alla tabella io sostituisco ciò che dice la FAO, Gore, i "Paesi del Terzo Mondo", o un qualsiasi tecnico, scienziato o politico, allora non intendo più dare una risposta seria e concreta alla mia domanda, ma voglio solo perdermi in discorsi demagoci, di parte e soprattutto destinati ad essere infruttuosi o addirittura negativi (vedi teoria dell'"effetto serra", nata dalla mente bacata di uno pseudo-scenziato che aveva dei limiti e delle barriere nella sua capoccia).

Spero di poter trovare in te o altri amici, delle persone con cui tirar su dei dati attenditibili. Questo è il mio intento.

Intanto ti saluto cordialmente e spero di poter continuare a discutere di cose concrete con te.

Parsifahl

ps. Se vuoi posso passarti dei link a dei siti dove alcune organizzazioni (governative e non hanno iniziato a tirar su dei dati, anche se alcuni sono fermi al 2005). C'è una tabella, che ha provocato in me molta ilarità, dove viene messo in correlazione il costo di produzione/vendita medio delle derrate alimentari, suddiviso per i vari continenti (EU compresa) ,con il costo della produzione di bio-carburante da oleaginose. Solo che si sono dimenticati di inserire nella tabella che mentre per i carburanti derivati dal petrolio si spendono migliaia di dollari per studi tecnologici (e quindi il loro costo è relativamente basso, nonostante siano beni tecnolgicamente evoluti), la produzione delle oleaginose è invece allo stato primordiale. E' come se mettessi in correlazione il costo di manutenzione di una utilitaria con un cavallo. Se devo cambiare una "candela", scendo in strada e la compro. Potendomi permettere un cavallo, se devo farlo mangiare o se devo cambiargli i "ferri", non penso che il costo sarà, in proporzione, conveniente, nonostante che la "candela" sia un oggetto tecnologicamente molto evoluto.

Pietro ha detto...

Secondo me, già una parziale sostituzione del petrolio con le bio-energie, ha provocato un preoccupante sconvolgimento nei prezzi dei prodotti agricoli destinati all'alimentazione umana ed animale. C’è pericolo di una carestia planetaria!
Oggi, sul giornale, ho letto la cosa più assurda del mondo: l'Europa sta reintroducendo, per l'alimentazione del bestiame, l'uso di farine d’origine animale (ittiche, in particolare)!
Ma la peste bovina c'è la siamo scordata?
A mio parere, l'unica soluzione è affidarci al nucleare ancora per i prossimi 50 anni e introdurre l'idrogeno per la trazione.
Entro 10 anni con qualche saggio provvedimento preso su basi globali, si può fare.
Non credo esserci alternative, fare tabelle e rapportare i dati non serve a niente. E’ come quel poveraccio che faceva conti come se disponesse di un milione di euro!

duepassi ha detto...

Caro Parsifahl,
l'etica applicata alle piante ?
Ho spesso a che fare coi fanatici animalisti, gente che arriva ad incitare alla "violenza sfrenata" e alla "forza bruta" contro gli artigiani che lavorano pelli, avorio o altro di origine animale... e mi bastano i loro deliri... non vorrei che qualcuno arrivasse a dire che non solo non dovremmo mangiare (secondo loro)alimenti di origine animale, ma non dovremmo mangiare nemmeno alimenti di origine vegetale... mi aspetto di tutto. E cosa potremmo mangiare allora ? Il nostro corpo non è attrezzato per nutrirsi direttamente di minerali.
Vista la pazzia, non mi stupirei che suggerissero di alimentarsi con carne umana, dato che l'unica cosa che odiano è l'uomo.
No, non ho problemi etici di questo tipo. Sono una persona sana di mente e dotata di buon senso, almeno credo.
Non vedo problemi etici nell'uso di OGM.
Non sono comunista, e non condivido certo masochismo antioccidentale che vedo fiorire in certe menti di cui evito di scrivere se penso che siano bacate.
Sono però preoccupato per il problema della fame nel mondo.
Credo che si possano conciliare, però, le varie esigenze, e aumentare la produzione agricola ad uso alimentare, e anche poterne destinare una parte per produrre combustibili (a patto di aver aumentata la parte destinata all'alimentazione), ma, sinceramente, allo stato delle mie conoscenze (che però non sono tecniche, e quindi potrei sbagliare) non credo che la soluzione agricola possa risolvere il problema energetico italiano.
Credo nel nucleare e nel carbone pulito.
E credo che dovremmo lanciarci al più presto, e con la massima determinazione, su quelle vie.
Ma ciò non toglie che si possamo esplorare altre vie, compresa quella dei carburanti di produzione agricola, anche se attualmente non mi sembrano in grado di fornire una quota determinante per il nostro fabbisogno energetico.
Visto che sei un tecnico, avrei una domanda da farti.
E cioè come vedi l'uso degli scarti di produzione per la produzione di carburanti.
Mi spiego, se io compro, ,per esempio, dei carciofi, è più la parte che scarto di quella che consumo.
Pensi che potrebbe essere possibile utilizzare la parte scartata, non edibile, per produrre carburante ?
In tal caso non ci sarebbero problemi etici di destinazione delle coltivazioni, in quanto verrebbero utilizzate parti delle piante non destinate al consumo alimentare.

Secondo me.